La separazione o il divorzio sono eventi che segnano sempre la vita dei figli: visite orarie, weekend da passare con un genitore, ripicche tra gli ex coniugi, ecc. Se questi eventi non sono evitabili a causa della natura umana, situazioni economiche disagiate devono essere evitate obbligatoriamente con il pagamento dell’assegno di mantenimento figli.

In questa guida completa sull’assegno di mantenimento figli ti spiego come funziona, come viene calcolato, quali sono le differenze tra figli minorenni e maggiorenni, cosa cambia nel caso di genitori sposati e non, come fare denuncia se non viene corrisposto, come richiedere una riduzione e come dichiararlo nel 730.

Cos’è e come funziona

Quando una coppia decide di separarsi o divorziare, di solito i figli vanno a vivere da uno dei genitori. Questo non significa che l’altro genitore non deve contribuire al loro mantenimento.

Così come ha diritto a mantenere una relazione stabile con i suoi figli, anche se non vivono insieme, ha anche il dovere di provvedere ai loro bisogni. Per tutelare questo diritto, la legge stabilisce che l’ex coniuge versi all’altro con cui vivono i figli, un assegno di mantenimento.

La persona con cui vivono i figli, ha diritto all’assegno di mantenimento non solo se la coppia era sposata, ma anche se era unita civilmente oppure era una coppia di fatto.

I genitori sono obbligati occuparsi del sostentamento dei figli sempre (art. 30 della Costituzione e artt. 147 e 148 c.c.), indipendentemente se costoro sono nati dl matrimonio oppure fuori dal matrimonio (cosiddetti “figli naturali”, nati da una coppia convivente, non sposata).

I figli hanno diritto al mantenimento sia se minorenni, sia se maggiorenni non indipendenti economicamente Il raggiungimento della maggiore età infatti, sempre più raramente coincide con l’autonomia economica del ragazzo.

Calcolo

L’assegno di mantenimento dei figli, può essere calcolato in due modi:

  1. I due ex si mettono d’accordo. Quindi, se entrambi sono d’accordo sulla cifra, non occorre neanche che is rechino in Tribunale: la decisione è presa in mutuo assenso.
  2. Una o entrambi le parti ricorrono al Tribunale. Purtroppo non sempre avviene che i due coniugi risultino d’accordo sull’importo dell’assegno mensile. Più di sovente capita che, la parte che deve versare l’assegno, dica che una somma è troppo alta e voglia abbassarla; mentre la parte che deve incassarlo dica che è troppo bassa e protenda verso un aumento. In questo caso le parti devono rivolgersi al giudice, per la determinazione dell’importo.

Rivolgendosi al giudice, entrambe le parti sanno che l’importo sarà quello giusto, calcolato e deciso da un terzo estraneo ai fatti (il giudice). Tuttavia, la somma non è così facile da determinare, perchè nel calcolo intervengono una serie di variabili:

1. La situazione economica di chi deve versarlo

L’importo viene calcolato in percentuale allo stipendio, alla busta paga del soggetto.

Esempio

A parità di condizioni, un calciatore milionario pagherà un assegno di mantenimento molto più alto rispetto a quello dovuto da un operaio con uno stipendio di 1.000 euro al mese.

2. La situazione economica di chi riceve l’assegno

Esempio

Se il genitore con cui vivono i figli è milionario, mentre l’altro è un semplice impiegato, è probabile che non avrà diritto all’assegno di mantenimento. Non ne ha bisogno e sarebbero comunque pochi spiccioli, rispetto al suo ingente patrimonio.

3. L’orientamento del Tribunale

L’assegno viene calcolato e deciso dal giudice che, sebbene debba considerare il patrimonio delle parti e le necessità dei figli, mantiene comunque un certo grado di discrezione sulla determinazione dell’importo.

4. Lo stile di vita attuale dei figli e le loro esigenze specifiche

Le parti quindi, consegnano al giudice le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni oppure il modello ISEE, nonché tutti gli altri elementi utili al calcolo.

Maggiorenni

Al giorno d’oggi, i figli divengono indipendenti economicamente sempre più tardi. La crisi purtroppo è complice di questo ritardo: i giovani sempre più spesso lottano contro la precarietà e la disoccupazione.

I genitori hanno il dovere di mantenere i figli fino a quando essi si realizzano professionalmente ed economicamente, quindi indipendentemente dalla raggiunta maggiore età (art. 155-quinquies della L. n. 54/2006). I figli hanno diritto al mantenimento anche se non conviventi.

Questo non significa che i genitori siano obbligati a mantenere i figli per sempre. A tutto c’è un limite: il genitore infatti deve assecondare le attitudini e le inclinazioni dei figli, ma non per questo il figlio può avere pretese senza limiti: il mantenimento oltre la maggiore età è un diritto con durata non prestabilita e da valutare caso per caso, come sancito dalla sentenza n. 238/2011 del Tribunale di Novara.

Versamento diretto

Una volta che il figlio diventa maggiorenne, molti genitori che pagano il mantenimento si chiedono se sia possibile consegnare il denaro direttamente al figlio, evitando quindi di versarlo all’ex. Questo è possibile, ma a condizione che:

  • Sia il figlio a chiedere il versamento diretto. Il genitore quindi non può deciderlo di sua spontanea volontà (Cassazione 25300/2013);
  • Sia il giudice a stabilire il versamento diretto, su istanza del figlio.

Attenzione

Il giudice non è obbligato a consentire il versamento diretto al figlio. Il Tribunale infatti, mantiene la sua discrezionalità e valuta caso per caso se fare questa concessione o meno (Cassazione n.20408, 2011).

Genitori non sposati

Il diritto considera i figli:

  • Legittimi, quando sono nati da un matrimonio;
  • Naturali, se nati da genitori non sposati.

Sebbene la legge preveda questa distinzione, per quanto riguarda l’assegno di mantenimento non c’è nessuna differenza. Hanno diritto al mantenimento sia i figli legittimi che quelli naturali e il calcolo dell’importo è lo stesso.

Anche in questo caso quindi (figli naturali o legittimi), i genitori devono provvedere al loro mantenimento anche dopo la maggiore età, se il figlio non ha ancora raggiunto l’indipendenza economica.

La determinazione e le variabili che incidono sul calcolo, quindi, sono sempre le stesse: la persona con cui vivranno i figli riceverà dall’altra un assegno volto a contribuire alle spese e alle esigenze dei figli in comune.

Genitori sposati

Le suddette regole valgono sia in caso di coppie di fatto, che in caso di coppie sposate, che decidono di separarsi e poi divorziare. In quest’ultimo caso, i criteri di calcolo dell’assegno di mantenimento sono gli stessi, sia nel momento della separazione che in quello de divorzio: quindi i redditi delle parti, le esigenze dei figli, il tenore di vita

Tuttavia occorre precisare che durante la separazione il giudice stabilisce un importo dell’assegno, che potrebbe essere provvisorio. L’importo sarà confermato oppure rimodulato (al ribasso o al rialzo) al momento della sentenza di divorzio. L’assegno poi, può essere anche revisionato nel tempo (aumentato o ridotto), qualora vengano a mutare determinate condizioni, ad esempio:

  • Il genitore tenuto a versare l’assegno perde il lavoro e si ritrova disoccupato;
  • Il genitore migliora le sue condizioni economiche;
  • I figli maturano esigenze diverse. Si pensi ad esempio se il minore si ammala di una patologia che richieda costose cure.

Denuncia penale per mancato

Purtroppo sono tutt’altro che rari i casi di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli. Sottrarsi a questo dovere porta delle conseguenze:

  • Penali, l’articolo 570 del codice penale punisce l’inadempiente con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
  • Civili, l’articolo 156 del codice civile può ordinare il pignoramento dei suoi beni (art. 671 ss. c.p.c.) e persino obbligare il datore di lavoro a versare una parte dello stipendio direttamente agli aventi diritto. Tale somma è pari all’assegno di mantenimento previsto.

Esempio

Tizio ha uno stipendio di 1.500 euro al mese. E’ tenuto a versare all’ex coniuge, per il mantenimento dei figli, un assegno pari a 500 euro mensili. Se non vi provvede e l’avente diritto sporge denuncia, in sede giudiziale il Tribunale può disporre che il datore di lavoro versi 500 euro al mese direttamente all’ex coniuge.

Attenzione

L’avente diritto può ottenere il pignoramento dello stipendio, nel rispetto di alcuni limiti. Non può essere pignorata la somma pari all’importo dell’assegno sociale aumentato del 50%. L’assegno sociale è di circa 450 euro mensili.

Esempio

Tizio ha uno stipendio pari a 1.500 euro. Non può essergli pignorata la somma pari a 450 + 225 = 775 euro. Questa somma infatti, è considerata il limite di sostentamento individuale e non si può sottrarre dalla disponibilità.

Riduzione

Quando il giudice stabilisce l’importo dell’assegno di mantenimento, tale importo non è per sempre. Al mutare di determinate condizioni infatti, anche l’importo dell’assegno può essere soggetto a revisione e riproporzionato alla nuova condizione. Alcuni presupposti che permettono la riduzione sono:

  • L’aumento dell’inflazione secondo gli indici ISTAT;
  • Il peggioramento delle condizioni economiche. Se l’ex partner obbligato guadagna meno oppure diventa disoccupato, le sue condizioni economiche non sono più quelle che hanno portato il giudice a decidere per una certa somma;
  • Le aumentate esigenze dei figli. Per esempio un ragazzo di 18 anni che inizia l’università ha sicuramente esigenze maggiori rispetto a un bambino di un anno e quindi anche l’importo dell’assegno può subire delle variazioni.

730

Se sei obbligato a versare un assegno di mantenimento, ricorda di dichiararlo nel 730 (o nel Modello Unico): hai infatti diritto alla detrazione. Quindi, sulla somma versata all’ex coniuge riceverai un rimborso IRPEF.

Se invece sei il soggetto avente diritto, devi indicare l’importo dell’assegno nel 730 (o modello Unico). L’assegno infatti, non è esente da tasse, anzi, è considerato reddito assimilato a quello da lavoro dipendente ex art. 50 comma 1 lettera i) del TUIR ed è quindi soggetto a tassazione.

Spese: cosa comprendono

L’assegno di mantenimento è determinato per far fronte alle spese ordinarie del figlio. La legge non elenca cosa comprende tale costo, tutto quindi è rimesso alla valutazione del giudice. Tuttavia, a titolo esemplificativo, si fa riferimento alle esigenze alimentari, scolastiche, sportive, cura ed educazione (Cassazione 4203/2006; Cassazione 26587/ 2009).

L’obbligato però, è chiamato dal giudice a contribuire anche alle spese straordinarie, ossia quei costi che non sono quantificabili al momento del calcolo dell’assegno, perché ipotetiche e improvvise. Tipico esempio è il costo dell’oculista, degli occhiali, del fisioterapista, dello psicologo, le spese per il viaggio di istruzione, la patente di guida.

In questo caso i due coniugi quindi, nel momento in cui sorge la spesa, possono mettersi d’accordo e di solito, prevedono un esborso pari al 50% del costo. In caso di inadempienza di uno, l’altro può rivolgersi al giudice per tutelare il suo diritto.