Il patto di non concorrenza, disciplinato dall’articolo 2125 del codice civile, è una clausola che può essere inserita in un contratto di lavoro e che, ovviamente, deve essere accettata da entrambe le parti (impresa e dipendente assunto), che a dimostrazione di ciò sottoscrivono l’accordo con la loro firma.
La clausola in pratica, nel momento in cui cessa il contratto (per esempio per licenziamento, dimissioni, pensione) limita la possibilità dell’ex dipendente a svolgere attività professionali in concorrenza con l’azienda ex datrice di lavoro.
Il patto di non concorrenza, è una scrittura privata, che può essere inserita direttamente nel contratto di lavoro o stipulata con un documento a parte.
Con questa clausola, il dipendente, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, si impegna a non esercitare attività professionale concorrente; il lavoratore può quindi esercitarla in altri rami, ad esclusione di quello dell’azienda con cui ha chiuso il rapporto.
Il patto di non concorrenza contiene anche un corrispettivo, che viene pagato al lavoratore per aver aderito al patto. Tale corrispettivo viene erogato solitamente nella busta paga mensile, quindi durante il rapporto di lavoro. Su questo punto ci sono molti dibattiti, poichè in molti sostengono che, il corrispettivo pagato al lavoratore, è comunque irrisorio rispetto al sacrificio che deriva dalla clausola.
Proprio in ragione di ciò, il corrispettivo deve essere il risultato di un esame congiunto tra le parti e deve tener presente la riduzione di guadagno imposta al lavoratore.
Infine, affinchè il patto di concorrenza sia valido a tutti gli effetti, è necessario che individui un preciso arco temporale: il codice civile stabilisce una durata massima pari a 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. E’ anche importante individuare i limiti spaziali dove non si possa esercitare concorrenza: per esempio individuando le provincie.
Questo perchè, supponiamo che il datore di lavoro sia un ristorante. E’ chiaro che se il dipendente dovesse aprire un locale nella stessa città, sarebbe concorrenza. Ma se dovesse aprirlo a 500 km, il datore di lavoro non ne sarebbe danneggiato. Ecco perchè è importante individuare anche i limiti di spazio, oltre quelli temporali.
infine, l’ultima parte del patto, è dedicata all’inadempienza del lavoratore: qualora dovesse contravvenire al patto e quindi intraprendere attività in concorrenza, l’ex dipendente dovrà corrispondere all’azienda, a titolo di penale e ai sensi dell’articolo 1382 del codice civile, quanto ricevuto per effetto del patto (quindi il corrispettivo), salva la prova del maggior danno.
A questo link è possibile scaricare un fac simile patto di non concorrenza.