L’esecuzione forzata è una procedura che attiva il creditore e che consiste nel sottrarre forzatamente (anche contro la volontà del debitore) determinati beni allo scopo di rivenderli e, con il denaro ricavato, soddisfare quanto esigeva.
L’esecuzione forzata, inizia in due modi: a seconda del titolo di credito posseduto, si può agire direttamente con l’esproprio (precetto), oppure occorre prima l’autorizzazione del giudice (decreto ingiuntivo). Vediamo, a seconda dei casi, come avviene l’espropriazione forzata.
Inizio procedura
L’inizio dell’espropriazione forzata, dipende dal titolo che ha in mano il creditore. Se ha in mano:
- una fattura non pagata, deve prima rivolgersi al giudice e chiedere un decreto ingiuntivo.
- Una cambiale, un assegno, una cartella esattoriale Equitalia, il creditore è avvantaggiato. Questi titoli, infatti, sono titoli esecutivi, ossia che per avviare la procedura di esecuzione forzata non hanno bisogno di un’autorizzazione del giudice che confermi l’esistenza reale del debito. In questo caso quindi, non serve un decreto ingiuntivo, ma basta un precetto.
Il decreto ingiuntivo
Il creditore in possesso di una fattura non pagata, deve quindi rivolgersi al giudice. Quest’ultimo si occuperà di confermare o meno l’esistenza del credito: se è reale, il giudice invierà al debitore un decreto ingiuntivo (artt. 633 e seguenti del c.p.c.), ossia l’ordine a pagare il creditore entro una determinata scadenza (di solito quaranta giorni).
Se trascorrono quaranta giorni e il debitore non salda quanto dovuto, allora il titolo diventa esecutivo e si può procedere con l’esecuzione forzata. Il decreto ingiuntivo, per il creditore, è più vantaggioso di una ordinaria procedura giudiziaria: è più veloce e meno costoso.
Entro quaranta giorni, il debitore può fare opposizione al decreto, se ritiene che il debito sia infondato.
Il precetto
Disciplinato dall’articolo 480 del c.p.c., il precetto è un atto scritto con cui il creditore che vanta titoli esecutivi (per esempio Equitalia che vanta una cartella esattoriale), intima al debitore di adempiere entro X tempo (non meno di 10 giorni).
Se il debitore non adempie all’obbligo entro il tempo indicato, il creditore può dare inizio alla procedura di esecuzione forzata. Inoltre, come sancito dall’articolo 481 del c.p.c., se trascorrono almeno 90 giorni dalla notifica del precetto, senza che sia iniziato l’esproprio, esso perde efficacia. il creditore che intende far valere la sua pretesa quindi, entro 90 giorni dalla notifica deve iniziare l’esproprio.
Anche contro il precetto, il debitore può opporsi, nei termini stabiliti dal precetto stesso (anche in questo caso si parla di circa 40 giorni).
Il pignoramento
Se il debitore non paga entro i termini, si procederà con l’esproprio, che verrà notificato per iscritto al debitore.
La procedura dipende dal bene che verrà pignorato e dal luogo in cui si trova (presso il debitore stesso o presso terzi):
- espropriazione mobiliare. In questo caso, il più semplice, un ufficiale giudiziario si reca al domicilio del debitore, espropria il bene e redige il verbale di pignoramento.
- Espropriazione mobiliare presso terzi. Se il bene oggetto del pignoramento non è presso il debitore, ma presso altri soggetti, l’atto di pignoramento viene notificato anche a costoro. Saranno invitati a non disporre dei beni oggetto del pignoramento e a consegnarli all’ufficiale.
- Espropriazione immobiliare. Questo è il caso più complesso. L’atto di pignoramento, oltre a essere inviato al debitore, viene anche iscritto nei registri immobiliari.
Vendita e distribuzione
Entro 90 giorni dal compimenti dell’esproprio, occorre procedere con l’assegnazione o la vendita del bene (altrimenti il pignoramento perde efficacia!). A questo punto quindi, viene depositata in tribunale l’istanza di vendita.
Se il bene non viene assegnato, viene venduto all’asta e, il ricavato, ripartito tra gli aventi diritto, secondo un piano di riparto redatto dal giudice.