Il lavoratore dipendente che subisce il mobbing, troppo spesso è scoraggiato dal presentare una denuncia o un ricorso per il trattamento subìto: affrontare una causa in Italia non è facile, ma soprattutto, in casi come questo, il dipendente non sa come comportarsi e può essere difficile dimostrare il mobbing, provare di averlo subìto e ottenere il congruo risarcimento del danno psicofisico.
Per ottenere il risarcimento, l’onere della prova ricade sul lavoratore dipendente: deve dimostrare l’esistenza di determinati comportamenti e che essi abbiano rappresentato la causa effettiva del danno psicologico. Analizziamo meglio la questione e vediamo come dimostrare il mobbing subìto sul posto di lavoro.
Cos’è il mobbing aziendale
il significato della parola mobbing deriva dall’inglese mob (molestare, assalire) é quindi una serie di comportamenti persecutori, che possono essere di natura fisica o verbale, esercitati dal datore di lavoro o da uno o più colleghi, volti a scoraggiare il dipendente, fino a portarlo alle dimissioni. Questi comportamenti devono esplicarsi in gravi insulti, offese, emarginazione, restrizioni insopportabili, comportamenti aggressivi tali da impedire al lavoratore mobbizzato lo svolgimento sereno della propria attività lavorativa e tali da creare un pregiudizio per la sua salute psicofisica.
Gli elementi affinchè possa parlarsi di mobbing sono quindi questi:
– il comportamento deve avvenire sul luogo di lavoro; non si può infatti parlare di mobbing al di fuori dell’attività lavorativa aziendale;
– presenza di comportamenti persecutori e offensivi da una persona o un gruppo verso un collega;
– presenza di un danno psicologico, che deve essere diretta conseguenza delle angherie subìte. occorre quindi dimostrare l’esplicita causa effetto tra angherie subìte e danno psicofisico.
Il lavoratore mobbizzato quindi, che vuole difendersi, presentare denuncia e far causa, deve provare:
1 – i comportamenti illeciti (di solito è questa la parte più difficile). Non basta un comportamento isolato, ma deve essere dimostrata una prolungata condotta vessatoria.
2. Il danno. Ossia una lesione della propria salute, fisica o psicofisica (depressione, etc.). In questo caso è quindi necessario il giudizio di un medico, tramite perizie e certificati.
3. Causa – effetto. Occorre dimostrare che dal mobbing é derivato il danno psicofisico.
La parte più difficile, è sicuramente rappresentata dal punto 1, ossia la dimostrazione dei comportamenti vessatori. Sono accettate le testimonianze di altri colleghi, anche se non sempre costoro sono disposti a testimoniare. Si possono portare a prova sms, email. E le telefonate e altre conversazioni registrate? In questa situazione il caso è più complesso: le registrazioni sono infatti sempre possibili se almeno uno dei soggetti presenti acconsente (ossia tu stesso), soprattutto se effettuate per dimostrare dei fatti. Purtroppo però, la registrazione di conversazioni o telefonate sul posto di lavoro, secondo una sentenza della Cassazione (sentenza n. 26143 del 21.11.2013), fa venire meno il rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro. Quest’ultimo quindi, potrebbe procedere con il licenziamento in tronco per giusta causa. La sentenza precisa che questo è possibile anche in caso di registrazioni allo scopo di provare il mobbing.
Cosa significa? Significa quindi che il mobbizzato può registrare le telefonate o le conversazioni, se non c’è altro modo di dimostrare il mobbing. Purtroppo però, il datore di lavoro potrebbe tranquillamente licenziare il dipendente a causa delle registrazioni nascoste, adducendo il venir meno di fiducia nel rapporto di lavoro. Ovviamente la registrazione non rappresenta un problema se il mobbizzato si è già licenziato e non è interessato al reintegro.
Solo dopo aver provato l’esistenza del mobbing, il giudice potrà sanzionare il colpevole e obbligarlo al risarcimento del danno al dipendente.