Si sente tanto parlare di tasse (soprattutto in Italia, dopo che la Confcommercio ha pubblicato il report che ci vede ai primi posti nel mondo in materia di pressione fiscale) e ancora paradisi fiscali, imprese che non riescono ad andare avanti, crisi, evasione, società off shore, Paesi che rientrano e non rientrano nella cosiddetta black list.

Ma in realtà come funzionano i paradisi fiscali? È illegale aprire un’impresa o una società all’estero? Oppure c’è solo qualche particolare meccanismo incriminato volto ad evadere o eludere le tasse? Scopriamo insieme nella guida di oggi tutto quello che c’è da sapere, di base, sui paradisi fiscali.

Come funzionano i paradisi fiscali

Dal termine é molto semplice dedurre cosa sono i paradisi fiscali, per completezza ci limitiamo a elencare i requisiti che considerano uno Stato un paradiso fiscale:

– vige un regime di tassazione decisamente bassa o nulla per i soggetti non-residenti;
– non si sono scambi di informazioni con il fisco e le autorità tributarie degli altri Stati;
– vige il segreto bancario.

Ci sono poi Paesi che sono più ricercati per una caratteristica o per un’altra: per esempio nelle isole Cayman è registrato più dell’80% degli hedge fund del mondo, la Svizzera invece é molto conosciuta per il segreto bancario.

Alcuni si chiedono: ma non é quindi possibile aprire società all’estero nei paradisi fiscali? Certo che é possibile, non c’è alcuna legge che vieta di aprire imprese, ditte, società in altri Paesi o nei paradisi fiscali. Il meccanismo incriminato é in realtà un altro: avete mai sentito parlare di transfer pricing (prezzo di trasferimento)? Ecco come funziona.

Il meccanismo incriminato

– Azienda A italiana: vende scarpe in Italia,
– Azienda B cinese: produce scarpe in Cina,
– Azienda C ubicata in paradiso fiscale.

B produce scarpe e come tutti sappiamo in Cina i costi sono davvero bassissimi e quindi una scarpa prodotta la vende al prezzo di 5 euro. A compra da B e rivende in Italia la scarpa a 100 euro. A ha quindi realizzato un utile di ben 95 euro e con le tasse che ci sono in Italia, le rimarranno in tasca solo la metà (circa 50 euro andranno quindi nelle casse dello Stato).

A decide quindi di aprire una SUA azienda in un paradiso fiscale (azienda C) e per pagare meno tasse farà così: B vende a C a 5 euro e C rivende ad A a 100 euro. C realizza quindi un guadagno di 95 euro, ma essendo in un paradiso fiscale non pagherà tasse. A compra da C a 100 euro (in realtà non le compra perchè l’azienda C é sua) e quindi, rivendendole a 100 euro realizza un guadagno di 0 euro. Risultato? Tasse azzerate o quasi.

Questo meccanismo del transfer pricing è tra i più utilizzati. La rivista Valori in un suo report ha sottolineato che sono state registrate esportazioni da paradisi fiscali di succo di mela a più di mille dollari al litro e di spazzolini da denti da cinque mila dollari l’uno… per azzerare le tasse in Italia.