Piccole opere interne, un seminterrato, una veranda, o un’intera casa abusiva: sono tanti i casi di abuso edilizio e per i quali il cittadino possa voler chiedere una sanatoria. La sanatoria edilizia è la cancellazione dell’abuso per lavori eseguiti in assenza di permesso o diversamente da esso.
E’ la situazione tipica (ma non solo), di un privato che effettua un lavoro sulla propria casa, che dopo vari anni decide di vendere. Per vendere l’immobile, è necessario che sia “in regola”. Da qui, la necessità di sanare l’abuso. Ma è sempre possibile? Come e quanto costa?
Procedura, tempi e costi
Se le costruzioni sono state eseguite in assenza o in difformità del permesso a costruire, è comunque possibile sanare l’abuso, purchè il lavoro risulti conforme alle norme urbane ed edilizie sia al momento della realizzazione del lavoro, sia al momento della richiesta della sanatoria.
Il permesso in sanatoria va chiesto al Comune, che risponde entro 60 giorni. In assenza di risposta, la richiesta si intende rifiutata. Per ottenere il permesso concesso, occorre pagare il contributo di costruzione al doppio del suo importo. Se il lavoro è stato eseguito in parziale difformità, i costi si pagano proporzionalmente alla parte di opera difforme dal permesso.
Se la sanatoria viene rifiutata e quindi le costruzioni non sono sanabili, devono essere demolite. Se la demolizione deve essere effettuata a cura del Comune, viene disposta dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio competente, dopo un’attenta valutazione tecnico-economica sottoposta all’approvazione della giunta comunale.
La demolizione può essere effettuata anche da imprese private, designate dal Comune. Può essere effettuata, in particolari casi, anche delle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa. Infine, l’impresa che si occuperà della demolizione, può essere anche designata tramite procedure negoziate aperte, tramite l’aggiudicazione di appalti.