È una pratica più diffusa di quanto si pensi e, a chi é capito di sentirsi costretto a firmare delle dimissioni in bianco, lo sa bene. Cosa sono le dimissioni in bianco? In pratica, al momento dell’assunzione o anche in un momento successivo, il datore di lavoro “chiede” (o meglio si dovrebbe dire “impone”, visto che i vantaggi vanno tutti al datore del lavoro) di firmare una lettera di dimissioni in bianco. È facile immaginare come, in un periodo di crisi economica, non siano pochi i lavoratori che decidano di firmare, pur di ottenere il lavoro.
Questa lettera di dimissioni poi, rimarrà nei cassetti fino a quando, il datore di lavoro, deciderà che non ha più bisogno di quel dipendente. I motivi possono essere i più disparati, ma i casi peggiori, di cronaca, parlando di donne che appena entrate in gravidanza, si sono viste presentare quella lettera di dimissioni, firmata tempo prima e che quasi non ricordavano più. Come tutelarsi dalle dimissioni in bianco?
È facile comprendere come, un lavoratore, che abbia firmato una lettera di dimissioni in bianco, si senta poco tutelato, poichè praticamente, potrebbe perdere il lavoro da un momento all’altro. Alcuni datori di lavoro poi, utilizzano la letta di dimissioni già firmata per minacciare il dipendente, ricordandogli che perderebbe tutte le tutele in caso di disoccupazione (l’indennità ASpI infatti, non spetta in caso di dimissioni volontarie).
Fino al 2007 l’unico modo per tutelarsi da questo penoso fenomeno, era quella di inviare al datore di lavoro, tramite raccomandata A/R, una diffida all’uso delle stesse, oppure, redigere una scrittura privata dichiarando il carattere vessatorio delle stesse e la conseguente mancanza della volontà di dimettersi. Tutela di cui se ne faceva poco uso rispetto alla mole di casi reali poiché, é facile immaginare che un lavoratore che intenda mantenere quel posto di lavoro, sia poco propenso a inimicarsi il titolare con una lettera di diffida, pur essendo nel giusto, purtroppo.
Dal 2012 la svolta: con la riforma del Lavoro Fornero, tutte le lettere di dimissioni e anche le lettere di risoluzione consensuale del rapporto lavorativo, devono essere convalidate dal DPL (Direzione provinciale del Lavoro), che effettua gli opportuni accertamenti sul caso. A questo link la nuova procedura per dimissioni volontarie, che tutte le aziende sono tenute a seguire.