Il D.Lgs. n. 81/2015, dall’art. 13 al 18, disciplina il cosiddetto contratto a chiamata, ossia quel contratto lavorativo dove un’azienda assume un lavoratore solo quando ne ha bisogno. Praticamente il datore di lavoro può chiamarlo solo per un giorno, per una settimana, per un mese, e così via, in base alle esigenze aziendali.

In questa guida completa ti elenco vantaggi e svantaggi del contratto a chiamata per il datore di lavoro, quali sono vincoli e obblighi da rispettare, quando si può stipulare questo tipo di contratto, la forma prevista, i divieti, infine come funziona l’indennità di chiamata.

Vantaggi e svantaggi

Per il suo carattere di discontinuità, questo contratto è conosciuto anche con il nome di job on call o contratto di lavoro intermittente.

Il contratto a chiamata si divide in due tipologie:

  1. Contratto a chiamata con obbligo di risposta. In questo caso il lavoratore, se chiamato dall’azienda, ha l’obbligo di presentarsi al lavoro. Dunque l’azienda sa con certezza che, se chiama quel lavoratore, non può rifiutarsi.
  2. Contratto a chiamata senza obbligo di risposta. In questo caso il lavoratore mantiene una certa libertà: se il datore di lavoro chiama, non è obbligato a rispondere. Se è libero, se vuole, può accettare l’offerta di lavoro, altrimenti no.

Pro e contro

Per il datore di lavoro quindi, è sicuramente più conveniente la prima tipologia, perché si assicura che il lavoratore risponda positivamente alla chiamata. Ma questo contratto ha il suo rovescio della medaglia: l’azienda deve corrispondere al lavoratore l’indennità di chiamata, ossia un importo (generalmente mensile) da pagare al lavoratore proprio per il fatto di tenersi sempre libero e disponibile, in modo da rispondere alle chiamate.

L’indennità di chiamata non spetta invece in caso di contratto senza obbligo di risposta: in questo caso al lavoratore spetta solo il compenso per l’attività svolta, se risponde positivamente alla chiamata.

Ricapitolando:

  1. Se il datore di lavoro assume con contratto con obbligo di risposta, deve pagare al lavoratore l’indennità di chiamata + il compenso quando lavora;
  2. Se il datore di lavoro assume con contratto senza obbligo di risposta, deve pagare al lavoratore solo il compenso quando lavora.

Dunque da una parte, se assume con obbligo di risposta, ha il vantaggio della sicurezza di avere il lavoratore disponibile, dall’altro però deve pagare sempre un certo importo, anche se non lavora.

C’è però da dire che, se da una parte è vero che il lavoratore ha obbligo di risposta, ci sono casi in cui pur avendo tale vincolo può rifiutare il lavoro. Quando sussiste la giusta causa: se ha problemi di salute per esempio (attestati da certificato medico), non può certamente presentarsi al lavoro. In tal caso è giustificato.

Attenzione

Quando il lavoratore sa di non poter rispondere a una eventuale chiamata, deve tempestivamente avvisare il datore di lavoro e comunicare la durata dell’indisponibilità, altrimenti perde l’indennità per 15 giorni. Se quindi per esempio il medico gli attribuisce 10 giorni di convalescenza, il lavoratore deve informare l’azienda anche se in quel momento non sta lavorando. In questo modo il datore di lavoro sa che per quel periodo non può contare su di lui.

A quanto ammonta l’indennità di chiamata

Adesso sicuramente ti stai chiedendo a quanto ammonta l’indennità di chiamata. Ti rispondo subito: sono i CCNL a stabilire l’importo e, nello specifico l’indennità:

  • Deve essere almeno pari al 20% dello stipendio mensile previsto dal CCNL per quella mansione. Se quindi per quella mansione il CCNL prevede un compenso di 1.000 euro mensili, allora l’indennità deve essere almeno pari a 200 euro al mese;
  • Non rientra nel computo del TFR;
  • È soggetta a contributi INPS, INAIL;
  • Non può essere divisa in quote orarie.

Vincoli

Le aziende non possono stipulare contratti a chiamata sempre e comunque, ma devono rispettare determinati vincoli:

  1. L’azienda deve aver effettuato la valutazione dei rischi (D.Lgs. n. 626/94);
  2. L’azienda può assumere con contratto a chiamata solo persone che hanno meno di 25 anni oppure almeno 55 anni. Quindi possono attivarlo solo per i ragazzi più giovani (appunto prima dei 25 anni) oppure per le persone più adulte (oltre 55 anni). L’azienda dunque non può assumere un quarantenne con contratto a chiamata;
  3. Il lavoro a intermittenza si può svolgere solo per un massimo di 400 giorni lavorativi effettivi in tre anni solari. Se si supera questo limite, non è più un lavoro a chiamata ma un lavoro a tempo indeterminato. Questo limite (delle 400 giornate in tre anni) non vale per i settori turismo, spettacolo e per i pubblici esercizi.

Forma del contratto

Azienda e lavoratore devono stipulare un contratto in forma scritta, specificando:

  • Prestazione lavorativa;
  • Luogo;
  • Orari;
  • Durata;
  • Preavviso di chiamata, che non può essere inferiore a un giorno;
  • Compenso e modalità di pagamento;
  • Eventuale indennità di disponibilità;
  • Misure di sicurezza.

Dopo aver stipulato il contratto, entro 24 ore, l’azienda deve comunicare l’assunzione al Centro per l’Impiego, va fatto online tramite il modello Unilav. Questa comunicazione va fatta solo alla firma del contratto e non ogni volta che c’è una chiamata. Il datore di lavoro però, a ogni chiamata deve inviare all’Ispettorato del lavoro la durata della prestazione.

Le prestazioni devono avvenire sempre nel rispetto del CCNL.

Divieti

L’azienda non può attivare contratti di lavoro a chiamata nel seguenti casi:

  • Per sostituire lavoratori che stanno scioperando;
  • Se l’azienda, nei mesi anteriori, ha effettuato licenziamenti collettivi;
  • Se nell’azienda ha lavoratori in sospensione o in cassa integrazione (in tal caso dovrebbe reintegrare i lavoratori che già ha, senza ricorrere al job and call).