Tra i tanti tipi di contratti di lavoro quello a tempo indeterminato è quello che lega maggiormente il dipendente e l’azienda che lo assume. Questo perché da entrambe le parti c’è la volontà di istaurare un rapporto collaborativo a lunga durata senza scadenza. Negli ultimi anni però sono stati apportati dei cambiamenti a questo contratto.

Tra quelli più importanti è stato quello del Jobs Act e delle tutele crescenti. Che ha cambiato gran parte delle regole che disciplinano il licenziamento. In questa guida ti spiego cos’è questo contratto, come funziona, quali sono i diritti, come funziona il licenziamento e le dimissioni, come funziona la retribuzione e la disoccupazione.

Cos’è e come funziona

Il contratto a tempo indeterminato è un contratto di lavoro in cui il dipendente si impegna a prestare il suo lavoro alle dipendenze dell’azienda senza alcun vincolo di durata e di scadenza. Quest’ultima si impegna a versare al dipendente una retribuzione.

In seguito al Jobs Act, questo tipo di accordo ha preso il nome di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti ed è applicato a tutti gli assunti a partire dal 7 marzo 2015. Di fatto non cambia nulla rispetto al vecchio contratto a tempo indeterminato, se non le tutele previste dall’articolo 18.

Prima del Jobs Act, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore doveva essere reintegrato in azienda. Ora il reintegro è previsto solo per specifiche situazioni (come il licenziamento discriminatorio). Nei restanti casi il dipendente ha diritto a un’indennità risarcitoria proporzionale all’anzianità lavorativa (ecco perché è a “tutele crescenti”).

Per incentivare le assunzioni, il Jobs Act prevede delle agevolazioni per le aziende, dei vantaggi in termini economici. Nello specifico, è riconosciuto uno sconto sui contributi INPS per ogni nuovo lavoratore assunto, pari al 40%, fino a un importo di esonero massimo di 3.250 euro e per tre anni.

Tipologie

Il contratto a tempo indeterminato può essere di due tipi:

  • Full time: di 40 ore settimanali.
  • Part time: inferiore alle 40 ore settimanali (quindi anche 39 ore a settimana viene definito part time).

L’orario di lavoro a tempo parziale può essere:

  • Orizzontale: il dipendente lavora ogni giorno a orario ridotto, per esempio dal lunedì al venerdì per 4 ore al giorno.
  • Verticale: il dipendente lavora alcuni giorni a tempo pieno e altri non lavora, per esempio lavora il lunedì e il martedì dalle 9 alle 18, mentre i restanti giorni della settimana non lavora.
  • Misto: vengono combinate le modalità orizzontale e verticale.

Periodo di prova

Il CCNL di riferimento indica il periodo di prova massimo a cui è sottoposto il lavoratore e non può superare i sei mesi. Questo periodo di prova non serve solo al datore di lavoro, per verificare le attitudini del dipendente, ma anche al dipendente stesso, che durante questo periodo può capire se il lavoro è realmente adatto al suo profilo.

Il periodo di prova deve essere messo per iscritto, se è orale è nullo e quindi il dipendente si considera assunto senza periodo di prova.

Durante questo termine, sia il datore di lavoro che il neossunto possono dimettersi o licenziare, senza preavviso e senza obbligo alcuno. Alla scadenza del periodo di prova, in assenza di comunicazioni contrarie, si intende superato e quindi il dipendente entra a pieno titolo nell’organico aziendale.

Retribuzione

Il contratto di lavoro prevede uno stipendio che deve essere proporzionale alla qualità e alla quantità di lavoro svolto. La retribuzione minima della busta paga viene stabilita dal CCNL di riferimento e dal livello contrattuale a cui è assunto il dipendente.

Datore di lavoro e dipendente sono liberi di stabilire l’importo dello stipendio rispettando i limiti salariali minimi previsti nel CCNL. Se la retribuzione è più alta non c’è problema. Se nella lettera di assunzione viene indicato un importo più basso rispetto a quello minimo stabilito, il dipendente potrà rivolgersi al tribunale per ottenere quanto gli spetta.

Assunzione

Il contratto di assunzione deve indicare le generalità dell’azienda, del dipendente, il CCNL di riferimento e il livello, nonché la specifica mansione a cui è assegnato e infine la retribuzione. Deve inoltre indicare se si tratta di contratto full time o part e specificare gli orari lavorativi.

Scarica subito il modello del contratto a tempo indeterminato per assumere un dipendente.

Licenziamento

Durante il periodo di prova il dipendente può essere licenziato in qualsiasi momento, senza dover dare motivazioni tanto meno preavviso. Per quanto riguarda invece al periodo successivo, occorre distinguere i dipendenti:

Assunti prima del Jobs Act

Ossia prima del 7 marzo 2015. A questi dipedenti si continua ad applicare il vecchio articolo 18 e quindi il reintegro al lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

Assunti con il Jobs Act

Ossia dal 7 marzo 2015. A questi dipendenti si applica il nuovo articolo 18 e quindi il reintegro è previsto solo per licenziamento illegittimo con cause discriminatorie e per licenziamento disciplinare dove si prova l’insussistenza di fatti reali.

In tutti gli altri casi di licenziamento quindi, quand’anche il licenziamento fosse illegittimo, non è più previsto il reintegro al lavoro ma solo il pagamento di un’indennità risarcitoria proporzionata all’anzianità retributiva.

Assunti prima e dopo il Jobs Act delle PMI

Piccole e medie imprese che superano i 15 dipendenti con nuovi contratti a tutele crescenti. In questo caso, a tutti i dipendenti, anche assunti con il vecchio contratto, si applica il nuovo a tutele crescenti.

Non cambiano quindi le motivazioni per cui il dipendente può essere licenziato, ma solo la minore possibilità di riottenere il posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

Quando il dipendente può essere licenziato

  • Per giusta causa. Ossia quando compie un atto o un gesto di tale gravità da non permette la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di lavoro. In questo caso il dipendente viene licenziato in tronco, senza preavviso.
  • Per giustificato motivo soggettivo. Ossia quando compie un atto non gravissimo da essere ritenuto giusta causa di licenziamento, ma che comunque lede la fiducia nel rapporto. Ad esempio lo scarso rendimento, il continuo arrivo in ritardo al lavoro, il superamento del periodo di comporto.
  • Per giustificato motivo oggettivo. Ossia quando la necessitò di licenziamento dipende non dal lavoratore ma da cause aziendali. Tipico esempio è la crisi di impresa.

In caso di licenziamento per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo), l’azienda deve dare al dipendente un termine di preavviso. In mancanza, dovrà comunque pagare all’ex dipendente la busta paga che sarebbe stata prevista per i giorni di preavviso.

Dimissioni

Durante il periodo di prova, il dipendente può licenziarsi in qualsiasi momento, senza dover dare preavviso e senza dover dare spiegazioni. Nel periodo successivo, quando diventa a pieno titolo dipendente dell’azienda, è disciplinato dall’articolo 2118 del c.c. che contempla appunto il recesso nel contratto a tempo indeterminato.

Come licenziarsi

L’art. 2118 del c.c. stabilisce che il dipendente possa recedere in ogni momento dal rapporto di lavoro. Deve però dare all’azienda un tempo di preavviso, che è stabilito nel proprio CCNL di riferimento. I giorni di preavviso variano infatti in base a:

  • CCNL di riferimento e il livello;
  • Anzianità lavorativa del dipendente.

In mancanza di preavviso, l’azienda ha diritto a un’indennità equivalente alla retribuzione giornaliera che sarebbe spettata per tutto il periodo di preavviso.

Dimissioni per giusta causa

C’è un solo caso in cui non è necessario dare alcun giorno di preavviso, ma è possibile licenziarsi in tronco: per giusta causa, ossia quando avviene un atto o un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto.

In caso di dimissioni di giusta causa quindi, il lavoratore non deve dare preavviso, ma ha comunque diritto all’indennità di preavviso. Esempi di dimissioni per giusta causa sono: molestie ricevute, il mancato pagamento dello stipendio, percosse sul lavoro.

In caso di giusta causa, le dimissioni vanno quindi date subito per via orale e deve essere immediatamente (almeno entro le 24 ore) preparata una lettera dimissioni in cui si specifica la giusta causa, in maniera chiara e univoca (Trib. Bologna 12.10.1999, Cass. 2.7.2014, n. 15079).

Contributi

I contributi INPS si calcolano sullo stipendio lordo del dipendente. Una quota è dovuta dal datore di lavoro (il 32,70% della retribuzione lorda) e una quota dal dipendente (9,19% della retribuzione lorda). Sui neo assunti, per i primi tre anni, l’azienda ha diritto a uno sconto sulla sua quota del 40%.

Disoccupazione

Il dipendente che perde il lavoro, per licenziamento (per giustificato motivo ed anche per giusta causa) oppure per dimissioni (solo se avvenute per giusta causa), ha diritto all’indennità NaspI se:

  • Sono passati almeno due anni dal versamento del primo contributo;
  • Nei due anni precedenti la disoccupazione, vanta almeno un anno di contribuzione.

L’indennità è dovuta per un periodo minimo di dieci mesi, innalzabile a sedici mesi se l’assicurato ha almeno 55 anni. L’importo spettante è pari al 75% della retribuzione, che scende del 15% dopo sei mesi e di un altro 15% dopo dodici mesi.

Mobilità

L’iscritto alle liste di mobilità che percepisce anche l’indennità di mobilità, se viene assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, viene cancellato dalle liste di mobilità e perde anche il diritto all’indennità (Legge 223/1991 (art. 8 e 9). L’assicurato assunto a tempo indeterminato deve subito avvisare l’INPS.

Maternità

La donna lavoratrice ha diritto a 2 mesi di astensione obbligatoria prima del parto e tre mesi dopo. Se il certificato medico dichiara la sua buona salute, può anche decidere di iniziare la maternità n mese prima del parto e quindi stare a casa quattro mesi dopo. In questo periodo percepisce una retribuzione pari all’80%.

Dopo l’astensione obbligatoria, la donna ha diritto a ulteriori sei mesi di astensione facoltativa, retribuiti al 30%. L’indennità di maternità, obbligatoria e facoltativa, spetta sia in caso di lavoro full time che part time.

Ferie

Il lavoratore a tempo indeterminato, che sia full time o part time, ha diritto a delle ferie annuali, retribuite, pari ad almeno quattro settimane. Il CCNL o lo specifico contratto possono prevedere un periodo maggiore, mai inferiore. Queste quattro settimane non sono rimborsate come ferie non godute, solo in caso di risoluzione del contratto.

Le ferie in più, ossia quelle eccedenti le quattro settimane, possono invece essere monetizzate, in qualità di “ferie non dogute”.

Tfr e buonuscita

Il Trattamento di fine rapporto (o liquidazione o buonuscita) è una somma di denaro che il datore di lavoro accantona ogni anno e che va consegnata al dipendente al momento della risoluzione del contratto (per pensionamento, licenziamento o dimissioni).

Il calcolo è piuttosto complicato ma, per semplificare, si può benissimo dire che è pari a una mensilità per ogni anno di lavoro. Se quindi un dipendente ha una busta paga mensile di 1.500 euro, ogni anno matura un TFR di circa 1.500 euro.