All’interno dell’Unione Europea, vige il principio della “libera circolazione delle persone e delle merci”. Da quando siamo entrati in UE, per esempio, non occorre più avere il passaporto per viaggiare in Europa.
Allo stesso modo, l’UE ha imposto che non vengano applicati dazi, tariffe, tasse di effetto equivalente, alle merci che arrivano da altri Paesi europei in Italia. Ma qual è la differenza tra dazi doganali e tasse di effetto equivalente?
La legislazione parla chiaro: negli artt. 23 e 25 del Trattato CE si specifica che non devono essere imposti nè dazi, nè tasse equivalenti. Per quanto riguarda le tasse equivalenti, si intendono quelle imposizioni fiscali che, sebbene non vengano chiamate dazi, in realtà celano un dazio vero e proprio.
Per fare un esempio concreto: ricordiamo le penali per la disdetta dei servizi di telefonia? La legge Bersani le ha abolite, ma i gestori telefonici hanno introdotto dei costi chiamandoli “costi di disattivazione”. Non vengono chiamate “penali”, ma di penali vere e proprie si tratta, visto che vengono applicate in caso di disattivazione.
Lo stesso vale per i dazi: per l’UE non deve esserci nessun onere pecuniario, di alcun tipo e di qualunque denominazione, che vada a colpire una merce solo per il fatto di essere entrata in Italia.
Alla dogana, possono essere applicati solo ed esclusivamente quegli oneri pecuniari che costituiscono il corrispettivo di un servizio reso, purchè tale servizio sia stato espressamente richiesto dall’interessato e non imposto in frontiera. La Corte di Giustizia in realtà, si è mostrata scettica anche la riguardo di tali costi di servizio e, proprio per questa ragione, ha specificato che non debbano essere servizi imposti, ma specificatamente richiesti dal soggetto.