L’articolo 26 comma 2 del DPR 633/72, prevede la possibilità, per l’impresa che sbaglia una fattura, di emettere una nota di variazione, che sarà volta a correggere in aumento o in diminuzione la fattura sbagliata. E’ una situazione abbastanza comune e che può capitare per svariati motivi.
Ad esempio, può essere necessario se c’è stato un errore dell’aliquota IVA adottata, della base imponibile; oppure quando viene approvato al cliente un buono che non era stato calcolato in fattura. Questi sono solo alcuni esempi. La nota di variazione può essere di due tipi: di credito o di debito. Vediamo le differenze.
In differita: per errata fatturazione
La nota di variazione, che quindi si tratti di nota di debito o di credito, viene emesse per integrare una fattura precedente, per correggerla. E’ una vera e propria fattura correttiva.
1. Nota di debito. La nota di debito viene emessa se la fattura precedente conteneva un importo più basso del dovuto.
2. Nota di credito La nota di credito viene emessa se la fattura precedente conteneva un importo più alto del dovuto.
Entrambe le note, nella forma, somigliano a una fattura. Devono infatti indicare la descrizione della merce a cui si riferiscono, la quantità, l’imponibile, l’IVA, la data, la numerazione (che può seguire quella delle fatture classiche, oppure essere una a parte, autonoma); inoltre, occorre indicare a quale fattura si riferiscono (numero fattura e data) e una breve motivazione per cui viene emessa (errore di calcolo, etc.).
In questo modo si mantiene la contabilità in linea con la situazione reale, emettendo la nota volta a certificare la variazione.
Tutte le note di variazione (sia di credito che di debito), vanno registrate nel Libro Giornale, così come nei Registri Iva, secondo tempi e scadenze previsti per le fatture.