Fino a qualche tempo fa, quanto vigeva il segreto bancario, lo stato non poteva sapere a quanto ammontassero i risparmi di ogni cittadino, a meno che egli si ritrovava a dover affrontare un processo penale di una certa entità. Ora, con l’abbattimento totale del segreto bancario e la sua sostituzione con il principio della “trasparenza bancaria”, l’anagrafe tributaria conosce tutto: dallo stipendio o pensione, fino ai risparmi sui conti correnti o su libretti postali.
E così, per il cittadino che ha un debito con Equitalia, non c’è via di scampo: il noto ente di riscossione saprà su cosa rivalersi e potrà procedere al pignoramento dello stipendio, della pensione e anche della pensione di invalidità. Per un certo periodo però, l’assenza di un regolamento preciso, ha portato a una riscossione a dismisura: non si sapeva quale fosse la percentuale massima da poter pignorare e, nell’incertezza, purtroppo, ci sono stati casi in cui Equitalia ha pignorato somme e percentuali dello stipendio (o pensione) talmente alte, da lasciare il cittadino in una sconfortante indigenza.
Fortunatamente é poi intervenuta una circolare del direttore dell’Agenzia dell’Entrate, Attilio Befera, che ha finalmente imposto dei limiti a questa riscossione indiscriminata e smisurata. Nello specifico, lo stipendio e la pensione possono essere pignorati, così come può essere pignorata anche la pensione di invalidità, ma solo entro certi limiti, in modo da non lasciare il lavoratore o il pensionato nell’indigenza totale. Nello specifico, Equitalia può pignorare i seguenti importi:
– 1/10 dello stipendio/pensione se il cittadino percepisce meno di 2.500,00 netti annui;
– 1/7 dello stipendio/pensione se il cittadino percepisce un reddito tra i 2500,00 e i 5000,00 annui;
– 1/5 dello stipendio/pensione se il cittadino percepisce oltre 5000,00 euro annui.