Stai valutando l’acquisto di una ditta individuale ma durante il controllo della contabilità c’è qualcosa che non ti torna? Hai ricevuto una fattura con importi più bassi rispetto a quelli che hai pagato? Forse è solo una svista ad aver causato un errore oppure hai a che fare con delle fatture false.
In questa guida ti spiego come funzionano le fatture false, quali sono i meccanismi più comuni che le aziende sfruttano per farle, quali sono i rischi e le sanzioni penali in cui si può incorrere, quando entra in vigore il termine di prescrizione, dunque come riconoscerle e denunciarle alle autorità competenti. Ecco cosa devi sapere.
Come funzionano
Nella cronaca italiana e internazionale, capita di leggere di operazioni delle autorità fiscali che scoprono un giro di fatture false allo scopo di evadere le tasse dovute.
Il meccanismo che anima questo tipo di illecito è molto variegato: si spazia infatti dall’emissione di fatture con importi molto più bassi di quanto in realtà si è incassato, fino a vendite non fatturate proprio o fatture false per operazioni inesistenti.
Meccanismi utilizzati – esempi
1. Fatture con importo falso
Esempio
La società A esegue un lavoro per la società B e si fa pagare 10.000 euro. Quando emette la fattura scrive un importo pari solo a 6.000. In questo modo paga le tasse solo su 6.000 euro e non su 10.000. Ovviamente quei 4.000 euro se li fa pagare in contanti (commettendo un altro illecito perché i pagamenti in contanti sono permessi solo se inferiori a 1.000 euro).
2. Fatture non emesse
Esempio
La società A esegue un lavoro per la società B e si fa pagare 10.000 euro. Non emette fatture e si fa pagare in contanti: l’operazione avviene completamente in nero.
3. Fatture per operazioni inesistenti
Esempio
La società B emette una fattura per 10.000 euro per un’operazione che non ha mai eseguito per la società A. In questo modo la società A può scaricare un costo di ben 10.000 euro e l’IVA relativa. La società B ha anche il suo “guadagno”: solitamente riceve dalla società A un “compenso” poi fa in modo di “perdere” o distruggere le fatture (per esempio inscenando un furto in ufficio) in modo da non consentire la ricostruzione delle fatture emesse.
4. Fatture false per anticipo in banca
Esempio
La società A ha bisogno di denaro ed emette fatture false verso suoi clienti (anche inesistenti) e le porta in banca in modo da ottenere un anticipo sull’importo delle fatture stesse. E’ una forma di truffa ormai desueta (anche se non impossibile) perché ormai le banche hanno strumenti di controllo più avanzati rispetto al passato.
Differenza tra fatture oggettivamente e soggettivamente false
Le fatture possono essere false sotto il profilo:
- oggettivo: quando contemplano operazioni per importi falsi (in tutto o in parte).
- soggettivo: quando le operazioni sono state effettivamente compiute, ma sulle fatture vengono dichiarate imprese diverse da quelle tra cui é realmente avvenuta l’operazione.
A tal proposito occorre menzionare le cosiddette imprese “fantasma” o “cartiere” ossia imprese appositamente create (con tanto di partita IVA) solo per fatturare a terzi ma realmente prive di una struttura operativa.
Cosa si rischia: sanzioni
Il diritto italiano prevede delle sanzioni per chi compie illeciti tributari, sanzioni che possono anche far scattare una denuncia penale e quindi la condanna alla reclusione.
Ovviamente la sanzione é diversa se si sbaglia a inserire un codice nel 730 rispetto a qualcuno che, fraudolentemente, emette o utilizza fatture false allo scopo di evadere le tasse, o distrugge volutamente dei documenti contabili.
Reati tributari e sanzioni penali
I reati tributari sono disciplinati dal D.Lgs. 74/2000, il quale configura, tra gli altri, come illeciti tributari punibili penalmente:
- Dichiarazione fraudolenta: ossia l’uso di fatture per operazioni inesistenti o di altri meccanismi al fine di evadere le tasse. E’ una forma particolarmente grave di reato che si distingue per la “frode” ossia un comportamento insidioso composto da varie operazioni particolarmente strutturate e documenti al fine di evadere le tasse. In questo caso la sanzione prevede la reclusione che va da un anno e mezzo a 6 anni;
- Dichiarazione infedele: che si differenzia dalla dichiarazione fraudolenta perché, pur volendo infrangere la legge ed evadere il fisco, non c’è un comportamento e una serie di operazioni strutturate. La sanzione prevede la reclusione da 1 a 3 anni, ma solo se ogni singola imposta evasa supera i 50.000 euro e, contemporaneamente, l’attivo sottratto in bilancio supera il 10% dell’attivo totale (o l’attivo sottratto supera comunque i 2 milioni di euro). Se non sussistono questi requisiti quantitativi non scatta il reato penale, ma sarà dovuta solo la sanzione amministrativa (una multa);
- Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: chi, allo scopo di far evadere soggetti terzi, emette fatture false, a prescindere dall’importo della fattura, rischia la reclusione da un anno e mezzo fino a sei anni;
- Occultamento o distruzione di fatture/documenti fiscali: chi, allo scopo di far evadere soggetti terzi, nasconde o distrugge parte o tutto dei documenti, é punito con la reclusione da sei mesi a 5 anni.
Onere della prova
Per il reato di falsa fatturazione l’onere della prova spetta al fisco: non bastano dei puri indizi nemmeno se, interrogato dall’Agenzia delle Entrate, il contribuente non fornisce risposte esaustive in merito ai fatti.
La Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 9448/16 ha sancito che le condanne penali si possono applicare solo se l’accusa (e quindi il fisco) prova fatti certi.
Prescrizione
La normativa che individua i reati tributari (il D. Lgs 7472000) non prevede disposizioni specifiche in merito alla loro prescrizione, ma si limita a citare l’articolo 17 e l’articolo 160 del codice penale che però riguardano l’interruzione della prescrizione. Pertanto per i reati tributari si riteneva valido l’articolo 157 c.p. per i quale i delitti si prescrivono in un tempo non minore a sei anni.
Tuttavia, i giudici europei hanno realizzato che entro sei anni è troppo breve per accertare le evasioni più gravi, che necessitano di osservazioni e indagini più lunghe.
Con la sentenza 2210 del 20/01/2016, la Corte di Cassazione ha di fatto abrogato la prescrizione per i reati relativi a gravi evasioni IVA, stabilendo che il termine di prescrizione debba essere conteggiato da capo al termine di ciascuna fase processuale.
Come riconoscerle
E’ chiaro che risulta abbastanza semplice riconoscere una fattura falsa. Chi le riceve infatti, sa benissimo quanto ha pagato e se quindi l’importo é diverso rispetto a quello registrato in fattura. Lo stesso discorso riguarda le fatture per operazioni inesistenti: chi ne riceve fattura sa di non aver usufruito di alcun servizio per quella prestazione.
Tuttavia, in tutti questi casi (fatture oggettivamente false) l’onere della prova spetta al fisco: é l’amministrazione finanziaria che deve provare concretamente (e non solo con indizi) che le operazioni non sono avvenute e la parte ne era consapevole.
Particolare attenzione merita il caso delle fatture soggettivamente false. Un’impresa riceve una fattura in cui tutti gli importi sono corretti, ma non sa se la partita IVA che emette la fattura é un’impresa sempre reale oppure un’impresa fantasma.
In questa ipotesi la legge prevede l’onere della prova a carico di chi ha ricevuto la fattura: é il ricevente che deve provare la sua buona fede oppure che l’impresa emittente non é un semplice cartiere.