Con l’avvio di un processo penale, l’indagato ossia la persona su cui si sono concentrate le indagini (oppure colui che l’autorità ha posto in stato di fermo o di arresto) diventa a tutti gli effetti un imputato, ossia la persona sospettata di aver commesso il reato.
In questa guida completa sull’improcedibilità del processo penale, ti spiego cos’è e cosa significa, quando un processo è dichiarato improcedibile, quali sono i casi previsti dal codice di procedura penale, la differenza tra improcedibilità e prescrizione e infine come si colloca l’improcedibilità all’interno della riforma della giustizia Cartabia.
Cos’è e cosa significa
Nel processo penale, affinché possa iniziare ed andare avanti, devono esserci determinate condizioni di procedibilità. Le condizioni di procedibilità sono le seguenti:
- La querela;
- L’istanza;
- La richiesta;
- L’autorizzazione a procedere.
La mancanza di una di queste condizioni, può dar luogo a varie pronunce:
- Archiviazione;
- Sentenza di non luogo a procedere durante le indagini preliminari;
- Sentenza di non luogo procedere in dibattimento.
Tuttavia, se dopo la pronuncia di archiviazione o la sentenza di non luogo a procedere, sopraggiunge la condizione di procedibilità, l’azione penale si può esercitare nuovamente (art. 345 c.p.p.).
Dunque, se manca una condizione di procedibilità, allora il processo non prosegue, ma se poi questa condizione appare, allora si può iniziare un nuovo processo per lo stesso fatto: la condizione che prima mancava ora c’è, quindi non ci sono motivi di improcedibilità.
Quando
Il codice di procedura penale sancisce che il giudice può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se:
- Non c’è motivo di proseguire l’azione penale o addirittura se non andava proprio iniziata. Nella sentenza indica anche le motivazioni (co. 1 dell’art. 529 c.p.c.);
- La prova che dovrebbe ammettere la procedibilità è insufficiente o incongruente (co. 2 dell’art. 529 c.p.c.);
- Il reato è estinto e non occorre neanche passare per il dibattimento per verificare l’estinzione dello stesso. In tal caso il giudice, sente il P.M e l’imputato, se costoro non hanno nulla in contrario, allora pronuncia il non luogo a procedere, indicandone nella stessa le motivazioni (co. 1 dell’art. 469 c.p.p.);
- L’imputato non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale (ossia quando l’offesa arrecata dall’imputato alla vittima è di tenue entità e il comportamento dell’imputato è non abituale). In questo caso il giudice, ascolta prima la parte offesa, se non ha nulla in contrario, allora pronuncia la sentenza di non luogo a procedere (co. 1 bis dell’art. 469 c.p.p.).
Riforma giustizia
Dopo anni e anni in cui la giustizia italiana ha mostrato chiari segni di lentezza, nel 2021 è finalmente arrivata la tanto agognata riforma della giustizia, il cui scopo principale è quello di mettere fine ai “processi infiniti”.
La riforma Cartabia (il cui nome deriva dalla ministra che l’ha proposta) ha il preciso scopo di dare alla giustizia italiana tempi certi e mettere fine alle lungaggini burocratiche e processuali.
Indagini preliminari
La riforma della giustizia ha stabilito tempi precisi per le indagini preliminari: devono durare al massimo un anno, ridotto a sei mesi per le contravvenzioni, e aumentato a 18 mesi quando si tratta di reati molto gravi (quelli che riguardano spaccio di stupefacenti, mafia, atti terroristici).
Tempi certi in Appello e Cassazione
Durante un processo penale, la prescrizione del reato, rimane bloccata dopo il primo grado (e questo avveniva già prima della riforma). Se però una delle parti impugna la sentenza e quindi decide di ricorrere in Appello, il processo in Appello deve durare al massimo due anni.
Se dopo il processo di Appello, una delle parti ne impugna la sentenza e dunque ricorre in Cassazione, il processo in Cassazione può durare al massimo un anno.
Improcedibilità al superamento dei termini
Come detto nel paragrafo precedente, i tempi della giustizia devono essere certi:
- Il processo in Appello deve durare al massimo due anni;
- Il processo in Cassazione deve durare al massimo un anno.
Superati questi due termini, il reato è dichiarato improcedibile, ossia il processo non può più andare avanti (per superamento dei termini). il processo quindi non può più continuare.
Differenza con prescrizione
Attenzione però: improcedibilità non significa che il reato va in prescrizione. Significa semplicemente che il processo non continua. E questo è a favore dell’imputato. Se però, proprio l’imputato decide di rinunciare all’improcedibilità, allora il processo può continuare.
Quali motivazioni possono spingere l’imputato a voler continuare il processo? Tante. Ogni caso è a sé. Per fare un esempio banale: l’imputato che ci tiene che venga pronunciata la sua innocenza.
Eccezioni
Abbiamo detto che il processo in Appello può durare al massimo due anni, mentre quello in Cassazione può durare al massimo un anno, altrimenti poi la causa penale diventa improcedibile, ossia si ferma, non può continuare.
Ci sono però delle eccezioni, com’è giusto che sia: per dei reati gravissimi, per esempio, è giusto che non ci siano limiti temporali. E’ importante concludere il processo e arrivare a una sentenza, qualunque siano i tempi.
I reati che continuano a essere procedibili, sono:
- Reati imprescrittibili, ossia quelli che non vanno mai in prescrizione, condannati con l’ergastolo. Sono quei reati talmente gravi, da essere puniti con la pena a vita. In questo caso, considerando la gravità del fatto, è necessario giungere a una sentenza, a prescindere dai tempi lunghi o corti;
- Altri reati molto gravi, che pur non prevedendo l’ergastolo, sono di grave entità (sono per esempio i reati di violenza sessuale, mafia, corruzione e concussione, spaccio di droga) oppure molto complessi (perché per esempio hanno coinvolto più persone).
L’improcedibilità quindi, con la riforma della giustizia, ha assunto connotazioni più ampie e decise. Lo scopo della riforma è quello di evitare di intasare i tribunali e tenere dei processi fermi per anni e anni, fino al giungere della prescrizione, che in pratica annulla tutto quello fatto in precedenza.
Stabilire dei tempi precisi nei processi di Appello e Cassazione, pone dei limiti importanti: in passato infatti questi processi potevano durare anni e anni. La riforma pone dei limiti abbastanza ristretti: due anni per l’Appello e un anno per la Cassazione, in tutto tre anni per chi decide di impugnare la sentenza di primo grado.