Si avvicina il periodo in cui occorre sostenere il fatidico test di ingresso per la facoltà di medicina e chirurgia, odontoiatria, infermieristica e le altre professioni sanitarie. Quante possibilità abbiamo di farcela? Forse al liceo eravamo i primi della classe e probabilmente pensiamo che se c’è qualcuno che merita quel posto, siamo proprio noi.
Purtroppo però, non é sempre così. Inutile dilungarci sulla questione delle raccomandazioni e dei “posti già assegnati”, passiamo direttamente al lato pratico: se non supero il test cosa faccio? Ritentare l’anno prossimo, ovvio. Oppure, se ormai tentiamo da troppi anni con esito negativo o non vogliamo comunque perdere tempo, possiamo valutare la possibilità di studiare e/o laurearci all’estero. Attenzione però, non tutto é così semplice. La laurea in medicina conseguita all’estero, per essere riconosciuta in Italia, deve avere determinate caratteristiche.
Diventare medico in Romania, Spagna, Bulgaria o Albania: sono sempre di più le offerte di laurea da parte di atenei stranieri che, con prezzi che partono dai 3.500 euro l’anno (per la statale di Timisoara, in Romania) ed arrivano agli oltre 15.000 euro (per quella di Madrid), offrono delle alternative a tutti quei corsi che in Italia sono a numero chiuso. Il percorso di studi di medicina per esempio, anche in Romania dura 6 anni, ma lì si fa molta più pratica.
Una volta intrapresa questa strada, cosa si può fare? Ci sono due alternative:
1) Dopo il primo anno di università all’estero, rientrare in Italia e proseguire gli studi in una facoltà italiana. Tuttavia, dall’università di Roma La Sapienza, sottolineano che non è assolutamente possibile evitare il test di ammissione: per rientrare in Italia, anche per anni successivi al primo, si deve comunque sostenere la prova d’ingresso. Il test quindi é obbligatorio.
Inoltre, per il riconoscimento della laurea in Italia è necessario che l’università estera in cui abbiamo studiato sia riconosciuta e autorizzata a rilasciare titoli accademici (normative di riferimento: Dpr 189 del 2009 e direttiva 2005/36/CE).