Purtroppo quella degli sfratti, è un’emergenza che si ripete ogni giorno in varie città italiane: la causa principale risiede nella crisi economica che attanaglia soprattutto le famiglie.
Tuttavia, proprietario della casa, ha il diritto di ottenere il pagamento del canone di affitto e, in caso di morosità, di intraprendere la procedura di sfratto. D’altro canto, l’inquilino ha la possibilità di opporsi allo sfratto e di fare domanda riconvenzionale.
Lo sfratto è un atto giudiziario con cui il proprietario di casa chiede al giudice un provvedimento esecutivo che ordini all’inquilino di liberare la casa. Lo sfratto può essere di due tipi:
- sfratto per finita locazione, quando il contratto di affitto scade, ma l’inquilino continua a rimanere in casa, pagando o non pagando l’affitto.
- Sfratto per morosità, quando l’inquilino non paga l’affitto.
In sede di udienza di convalida, se l’inquilino non ha la disponibilità economica per saldare il suo debito e sussistono situazioni di difficoltà, il giudice può concedere un termine di grazia affinchè possa organizzarsi e trovare la somma di denaro dovuta. Il termine di grazia non può superare 120 giorni; inoltre, la concessione di un termine di grazia non è obbligatoria, ma a discrezione del giudice.
C’è poi un particolare caso che può concretizzarsi: quando l’inquilino contesta non solo chiedendo il rigetto dello sfratto, ma esercitando a sua volta un’azione, che prende il nome di domanda riconvenzionale (art. 36 c.p.c.).
Esempio: l’inquilino ritiene che l’accusa di mancato pagamento sia falsa, perchè l’immobile era in stato di degrado e l’ha obbligato a effettuare dei lavori che erano a carico del proprietario, ma che poi ha pagato l’inquilino, che quindi ora sta detraendo dai canoni.
L’inquilino che ritenga lo sfratto ingiusto o fondato su motivazioni false, per tutelarsi può rivolgersi a un avvocato, a un sindacato o a un’associazione di categoria.