Il debitore non può certo sfuggire alla propria responsabilità. La dottrina ha individuato il caso in cui il debitore, ponga in essere atti allo scopo di diminuire il patrimonio di impresa, o comunque essendo cosciente di non poterli pagare, o ancora, venda o doni beni o denaro a qualcuno, allo scopo di sottrarli al pagamento di atri creditori.
Il soggetto che si é quindi indebitato con la chiara consapevolezza di non poter pagare il debito, oppure con il chiaro scopo di trasferire denaro o beni ad altri (parenti, amici, altri creditori) per pregiudicare le legittime ragioni di altri creditori, non é esentato dalle sue responsabilità e gli atti posti in essere, possono essere revocati. In questo scenario, non può essere esente da sanzione, anche chi ha concorso all’atto del debitore, consapevolmente, o addirittura ispirandone le mosse.
Presupposti dell’azione revocatoria fallimentare
Presupposto soggettivo: l’intento della disciplina, é quello di indagare sull’atteggiamento delle persone coinvolte (creditore e debitore/i). Occorre quindi uno specifico atteggiamento psicologico doloso del debitore e, nelle ipotesi stabilite dalla normativa, anche dal terzo acquirente.
Presupposto oggettivo: agli atti suscettibili di revoca devono avere rilevanza modificativa del patrimonio, in senso peggiorativo. Non sono quindi ovviamente soggetti a revoca gli atti di consistenza insignificante.
Affinchè l’azione di revocatoria ordinaria possa essere messa in atto, occorrono quindi una serie di requisiti tanto soggettivi quanto oggettivi, la collusione tra debitore e acquirente, l’evidente stato di insolvenza del debitore e la conoscenza da parte del creditore della situazione del debitore, o addirittura un accordo tra di essi.
È quindi necessario dimostrare la dolosa preordinazione dell’atto, un animus specifico di pregiudicare la responsabilità patrimoniale e la partecipatio fraudis del creditore/acquirente. Il giudice analizzerà la sussistenza di tali elementi caso per caso.