Chissà a quanto ammonterà la tua pensione INPS quando sarà il momento di lasciare il lavoro, chissà se potrà garantirti lo stesso tenore di vita che hai oggi! Proprio per rimediare a una pensione INPS risicata, sono nate le forme di previdenza complementare, private, a cui puoi pagare dei contributi per avere in futuro un reddito, aggiungere alla tua pensione, oppure un reddito unico se una pensione INPS non l’avrai.

In questa guida completa sulla previdenza complementare e integrativa ti spiego cos’è e come funziona, come si versano i contributi, qual è la deducibilità sui premi pagati e la tassazione prevista sulla pensione, quando destinare il TFR a fondi privati e quando all’azienda, come funziona l’anticipo e il riscatto ed infine cosa succede se hai anche una partita IVA in regime forfettario.

Cos’è e come funziona

La previdenza complementare è una forma di previdenza privata a cui puoi aderire pagando delle quote, in modo da avere una pensione aggiuntiva quando sarai anziano. Puoi anche avere soltanto quella complementare: anche se non hai una pensione pubblica (quella dell’INPS per intenderci), se tu hai pagato un fondo di pensione complementare, al raggiungimento dell’età pensionabile ricevi la pensione complementare.

La pensione complementare è quindi un modo per creare:

  1. Una pensione aggiuntiva, che andrà a sommarsi alla pensione INPS al momento del pensionamento;
  2. Una pensione vera e propria, se non lavori e quindi non stai versando contributi all’INPS e l’idea di non avere una pensione quando sarai anziano ti spaventa, allora puoi sottoscrivere una pensione privata.

Fondo previdenza complementare: come funziona

La previdenza complementare funziona così: tu metti dei soldi in un fondo di previdenza complementare dove altre persone come te stanno aderendo. L’azienda che gestisce il fondo si ritrova il tuo capitale e quello di tante altre persone come te e lo investe per farlo fruttare. Di solito lo investe in titoli di stato e obbligazioni, quindi in prodotti a basso rischio, ma ci sono dei fondi che investono il denaro anche in titoli azionari, quindi a rischio elevato.

È chiaro che se il fondo investe in attività ad alto rischio, c’è anche la possibilità di guadagnare di più. Invece se investe in prodotti a basso rischio, il guadagno è certo  ma sicuramente inferiore.

Suggerimento

Prima di aderire a un fondo di previdenza complementare, leggi bene il foglio informativo del contratto di adesione per capire in cosa investe il fondo, se in attività a basso rischio o ad alto rischio.

Tipologie

Sul mercato esistono tre tipologie diverse di fondi pensione:

  1. Fondi contrattuali (detti anche negoziali) che sono quelli dedicati a specifiche categorie di lavoratori. Per esempio il fondo COMETA è dedicato ai dipendenti del settore metalmeccanico; il fondo FONCHIM è dedicato ai lavoratori del settore chimico e così via; quindi possono aderire solo le persone che fanno parte di una specifica categoria lavorativa;
  2. Fondi aperti, sono fondi a cui può aderire chiunque: lavoratori dipendenti, autonomi, disoccupati, persone che hanno redditi diversi, casalinghe, insomma chiunque;
  3. PIP (piani individuali pensionistici), ossia dei piani di pensione gestiti tramite contratto di assicurazione vita, anche in questo caso può aderire chiunque.

A differenza della previdenza INPS che è obbligatoria, quella complementare è facoltativa: se vuoi aderisci a un fondo, altrimenti niente, nessuno può costringerti.

Riscossione anticipata

I fondi pensione ti permettono di ottenere una pensione aggiuntiva quando avrai raggiunto l’età pensionabile. In determinati casi, se il fondo lo prevede, puoi ottenere il tuo capitale investito ancor prima di aver maturato il diritto alla pensione. Se stai pensando di aderire a un fondo pensione quindi, valuta la convenienza di aderire a uno che ti offre la possibilità di ritirare i tuoi soldi prima e verifica in quali casi ammette questa possibilità.

Integrativa

La previdenza complementare, si chiama anche previdenza integrativa, questo perché se tu per esempio hai già un altro lavoro e quindi avrai la tua bella o meno bella pensione INPS, siccome hai deciso di aderire a un fondo pensione complementare, allora il frutto di questo investimento andrà poi ad integrare la tua pensione. È un di più che a suo tempo avrai.

Occorre però precisare che per aderire a un fondo pensione complementare non occorre avere già altre forme di previdenza. Anzi, a maggior ragione, anche se non stai versando altri contributi, può essere interessante aprire un fondo pensione, in modo da garantirti un reddito quando sarai anziano.

Contributi

I contributi per la previdenza complementare possono essere:

  1. Versati dal lavoratore, quando tu, su base volontaria decidi di aderire a un fondo comune di investimento e versi tu i contributi;
  2. Versati dal datore di lavoro, quando te li versa l’impresa per cui lavori, sulla base di accordi sindacali oppure contrattuali.

Ora vediamo come funziona la deducibilità di questi contributi. Come vedremo infatti, sono deducibili sia i contributi versati dal lavoratore che quelli versati dal datore di lavoro.

Deducibilità

Se aderisci a un fondo di previdenza complementare, paghi meno tasse, questo perché i contributi che paghi al fondo sono deducibili ai fini IRPEF. Ti spiego subito come e perché con un esempio concreto.

Supponiamo che tu ogni mese versi 100 euro di contributi a un fondo complementare. In totale all’anno sono 1.200 euro. La legge ti permette di scalare questi 1.200 euro dal tuo reddito totale, ossia quello su cui paghi le tasse.

Quindi, supponiamo che il tuo reddito annuo lordo sia di 18.000 euro e quindi tu ogni anno paghi le tasse su 18.000 euro, pagandole ogni mese direttamente con la tua busta paga (se sei dipendente) oppure ogni anno (se sei lavoratore autonomo).

Siccome hai speso 1.200 euro di contributi, allora la legge ti permette di pagare le tasse non su 18.000 euro ma su 16.800 euro (18.000 – 1.200). Quindi:

  1. Se sei un lavoratore dipendente, ogni anno fai la dichiarazione dei redditi e ottieni un rimborso IRPEF, grazie alla deduzione dei 1.200 euro);
  2. Se sei un lavoratore autonomo, quando ogni anno fai il calcolo del reddito complessivo, devi togliere questi 1.200 euro e quindi sul risultato pagare le tasse.

Limite

La legge non ti permette di dedurre somme infinite, ma fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno. Sono deducibili sia i contributi pagati da te che quelli pagati dall’azienda per cui lavori. Sono deducibili anche i contributi che versi per i familiari a tuo carico.

Tassazione

Se aderisci a un fondo di previdenza complementare, devi pagare le tasse in due momenti:

  1. Nella fase dei rendimenti. Come ti ho spiegato nei paragrafi precedenti, quando investi in un fondo complementare, i gestori del fondo investono i tuoi soldi in vari prodotti, che possono essere titoli di stato, obbligazioni o azioni. Dunque il fondo può generare dei rendimenti. A questi rendimenti si applica un’imposta sostitutiva con aliquota più bassa rispetto alla maggior parte delle forme di risparmio. Le tasse le scala dal rendimento direttamente il gestore del fondo. Quindi se il guadagno è di 10 euro, allora te ne accredita per esempio solo 8.
  2. Nella fase della prestazione. Quando finalmente arriva il momento di incassare il frutto del tuo investimento (ossia al momento della pensione, oppure prima se previsto), su quello che intaschi devi pagarci le tasse. Anche in questo caso la tassazione è agevolata: più anni sei rimasto con quel fondo pensione, minore è l’aliquota di tassazione da applicare.

Attenzione

Queste agevolazioni si applicano solo sui fondi dedicati ai dipendenti privati! Se sei un dipendente pubblico quindi si applica la tassazione ordinaria nella fase dei rendimenti e la tassazione separata nella fase della prestazione.

TFR

Nel momento in cui vieni assunto da un’azienda, il datore di lavoro ti chiede se desideri lasciare il TFR maturato in azienda oppure se investirlo in un fondo complementare. A te la scelta. Sicuramente ti stai chiedendo se conviene lasciare il TFR in azienda o fondo pensione. Tutto dipende da quello che cerchi e quello che vuoi, non c’è una risposta che vale per tutti.

Analizziamo quindi quali sono le differenze tra TFR lasciato in azienda e TFR investito in un fondo complementare. Una volta che hai una visione completa, allora puoi capire cosa è meglio per te.

Rendimento

Se lasci il TFR in azienda, esso viene rivalutato ogni anno, secondo le percentuali previste dalla legge, percentuali piuttosto basse. Se invece investi in un fondo pensione, non c’è rivalutazione, ma c’è il rendimento (come ti ho detto infatti, il gestore del fondo investe i soldi in prodotti finanziari, quindi genera un rendimento).

Tale rendimento spesso è stato più alto rispetto al tasso di rivalutazione offerto sul TFR lasciato in azienda. Questo però non è detto che avvenga anche in futuro!

Rischio

Se lasci il tuo TFR in azienda, lì rimane e nessuno te lo tocca, non viene investito in nulla. Se invece lo destini a un fondo di previdenza, il gestore del fondo lo investe in prodotti finanziari. E qui devi capire in che tipo di prodotti finanziari li investe, se prodotti più o meno sicuri oppure in prodotti ad alto rischio come le azioni.

È vero che le azioni offrono rendimenti maggiori, ma sono anche più rischiose, quindi verifica bene le condizioni di adesione al fondo, se ti garantisce il tuo capitale al 100% oppure se c’è una percentuale di rischio. Perché anche se investe in azioni può essere che si faccia da garante e ti garantisca il capitale, in modo da farti stare tranquillo. Sono tutte condizioni che devi verificare prima di aderire e firmare.

D’altra parte, anche se lasci il TFR in azienda, se si tratta di un’azienda poco solita economicamente, non è che ci sia tutta questa certezza! Quindi, se sei un tipo che ama dormire sonni tranquilli, che preferisce avere poco e senza rischi, allora lascia il TFR in azienda, ma solo se si tratta di un’azienda solida. In questo modo sai che il tuo capitale non corre rischi.

Se invece ti piace investire, allora piazzalo su un fondo. Ma analizza attentamente le condizioni del fondo: rendimento, grado di rischio e quindi in quali prodotti investe il fondo, eventuale garanzia del fondo a copertura delle perdite, ecc.

Riscatto

Se per particolari esigenze hai bisogno di denaro, puoi anche chiedere al fondo di restituirti i soldi che fino ad ora hai accumulato, se il contratto lo prevede. A seconda della somma di cui hai bisogno e dei motivi per cui la richiedi, puoi chiedere un anticipo oppure un riscatto.

1. Anticipo: come ritirare i soldi dal fondo pensione

Di solito le motivazioni per cui il gestore concede l’anticipo sono le seguenti:

  • Spese mediche e sanitarie per situazioni gravissime che toccano te o i tuoi familiari. In questo caso puoi chiedere fino al 75% dell’importo maturato;
  • Acquisto o ristrutturazione casa per te o i tuoi figli. Puoi chiederlo solo se sei iscritto al fondo da almeno 8 anni. Anche in questo caso puoi chiedere fino al 75% dell’importo maturato;
  • Ulteriori esigenze, ossia per motivi personali, senza dare al gestore alcuna motivazione. Puoi chiedere però solo fino al 30% dell’importo finora maturato e solo se sei iscritto al fondo da almeno 8 anni.

Puoi chiedere un anticipo più di una volta, purché la somma non superi il 75% del capitale. Inoltre, se lo desiderr puoi reintegrare la somma, facciamo un esempio: oggi richiedi un anticipo fondo pensione del 50% fino ad ora maturato. L’anno prossimo lo reintegri, quindi il conteggio per raggiungere il 75% parte da capo, quel 50% è come se non lo avessi chiesto.

2. Riscatto

A differenza dell’anticipo, che può essere solo parziale, il riscatto può essere parziale o totale. Puoi chiedere il riscatto del capitale fino ad ora maturato, nelle seguenti situazioni:

  • Disoccupazione, mobilità o cassa integrazione da almeno un anno e fino a 4 anni, puoi riscattare fino al 50% del capitale maturato;
  • Disoccupazione, mobilità o cassa integrazione da oltre 4 anni, puoi chiedere il riscatto totale;
  • Invalidità tale da ridurre la tua capacità lavorativa di oltre 2/3, puoi chiedere il riscatto totale;
  • Morte, gli eredi possono chiedere il riscatto totale in qualsiasi momento;
  • Altri casi previsti dal fondo.

Attenzione

Queste sono motivazioni generali, concesse dalla maggior parte dei fondi ma, per accertartene, prima di firmare e sottoscrivere un qualsiasi fondo, leggi bene il foglio informativo per conoscere tutte le situazioni tutelate dal gestore che hai scelto.

Tassazione

Anticipi e riscatti sono tassati in base alle motivazioni per cui li hai richiesti. Se il hai richiesti per:

  • Spese mediche, disoccupazione, mobilità, cassa integrazione, invalidità, morte, si applica un’imposta sostitutiva del 15%;
  • In tutti gli altri casi si applica un’imposta sostitutiva del 23%.

Regime forfettario

Se hai aperto una partita IVA in regime forfettario, allora sai benissimo che non puoi scaricare i costi professionali/di impresa. Discorso diverso però, per fortuna, vale per i contributi previdenziali: i contributi che versi all’INPS sono deducibili dal reddito, quindi su quello non c’è problema, puoi scaricarli.

Per quanto riguarda i contributi versati a fondi pensione complementari, il discorso è questo: se oltre al regime forfettario hai altri redditi imponibili ai fini INPS, allora i contributi privati puoi dedurli tranquillamente, perché sono legati alla tua persona, non alla tua attività e quindi sono deducibili ai fini IRPEF indipendentemente dal regime scelto.

Se però il tuo reddito deriva solo da attività in regime forfettario, è chiaro che IRPEF non ne paghi e quindi non puoi dedurli da un IRPEF che non paghi. Se rientri in questo caso, avrai comunque diritto a delle agevolazioni fiscali nel momento in cui riscatterai la prestazione pensionistici: la parte di pensione creata grazie a contributi che non hai dedotto, sarà esentasse!

Quindi se per esempio non hai dedotto un bel niente, allora tutta la tua pensione sarà esentasse. Se invece hai dedotto per esempio, solo il 40% dei contributi, perché per un certo periodo hai avuto anche redditi IRPEF che ti hanno permesso di dedurli, allora è esentasse solo la parte di pensione generata da quel 60% di contributi che non hai potuto dedurre.

Esempio

È arrivato il momento della pensione. Nel corso degli anni hai versato 10.000 euro a un fondo di pensione complementare e ora hai diritto a una pensione complementare di 300 euro al mese. Di quei 10.000 euro, il 40%, ossia 4.000 euro li hai dedotti in passato, i restanti 6.000 euro non hai potuto dedurli perché non avevi redditi IRPEF. Ora il 60% della tua pensione, ossia 180 euro, sono esentasse. I restanti 120 invece vengono tassati. Quindi ti ritrovi con una pensione in parte tassata e in parte esentasse.