Riscattare la laurea per riuscire ad andare in pensione prima e con un assegno più cospicuo, é una pratica piuttosto diffusa soprattutto fino a una ventina d’anni fa: molti dottori, riscattando la laurea e versando quindi 4/5/6 anni di contributi, facevano valere come anni di lavoro anche quelli passati a studiare sui libri.
Nel terzo millennio, riscattare la laurea ai fini pensionistici é ancora possibile ma, se fino a pochi decenni fa era quasi una consuetudine per i dottori, oggi, alla luce della recente riforma sulle pensioni INPS (la riforma Fornero) prima di sborsare 10, 20, 30 mila euro e anche più, bisogna fare qualche calcolo di convenienza. Quando conviene fare il riscatto della laurea e a chi?
Per capire se e quando conviene riscattare la laurea, occorre analizzare la situazione alla luce della recente riforma sulle pensioni. Dal 1° gennaio del 2012 infatti, ci sono due tipologie di pensioni:
– la pensione di vecchiaia, che matura al compimento dei 66 anni;
– la pensione anticipata (ex pensione di anzianità), che matura se il lavoratore può vantare almeno 42 anni di contributi (per gli uomini) o almeno 41 anni (per le donne), indipendentemente dall’età. Tuttavia, sono state introdotte delle penalizzazioni per coloro che non hanno ancora compiuto i 62 anni.
Gran parte degli ex-universitari, avendo iniziato a lavorare verso i 26/27 anni, difficilmente potrà avere la pensione anticipata. Più verosimilmente, riusciranno a prendere la pensione di vecchiaia, al compimento dei 66 anni, con 38/40 anni di contributi.
Chi vuole anticipare la pensione (prima del compimento dei 66 anni), può chiedere il riscatto della laurea, in modo da arrivare e superare i 41/42 anni di anzianità lavorativa e quindi, prendere la pensione anticipata. Ma conviene veramente?
Per riscattare la laurea, bisogna “trasformare” gli anni di studio in anni di lavoro e versare i contributi corrispondenti. Per esempio: supponiamo che un dottore lavoratore dipendente voglia riscattare una laurea di 4 anni. Dovrà versare all’INPS 4 anni di contributi, di sua tasca. L’importo da pagare viene calcolato sulla base della retribuzione precedente la domanda di riscatto. Supponiamo che il suddetto dottore abbia una retribuzione pari a 30mila euro lordi. Dovrà quindi versare il 33% di 30.000 euro (33% è l’aliquota di contributi INPS per i dipendenti), moltiplicato per 4 anni. Dovrà quindi versare 9.900 euro all’anno, che per 4 anni, fanno 39.600. Una somma piuttosto consistente al giorno d’oggi.
Tale somma può essere versata a rate mensili per 10 anni. Grazie alla deduzione delle somma, in fase di dichiarazione dei redditi il dottore otterrebbe un rimborso di 750 euro all’anno. In definitiva quindi, il riscatto della laurea, verrebbe a costare 39.600 – (750 x 4) = 36.900 euro. Una somma sempre decisamente importante.
E il beneficio? Quale sarebbe? il dottore potrà almeno godere di un assegno di pensione più cospicuo? Secondo le ultime stime effettuate da Progetica, una società che si occupa di analisi e consulenza previdenziale, con il riscatto della laurea si riesce a far cresce l’importo dell’assegno di una percentuale compresa tra il 6 e il 22% circa. Ovviamente molto dipende dalla retribuzione che si percepisce: maggiore é la retribuzione, maggiore è l’importo da pagare per riscattare la laurea e maggiore sarà la pensione.
Chi vuole riscattare la laurea quindi, deve fare bene i conti in tasca: considerare a quanto ammonta l’importo da versare all’INPS, la categoria di appartenenza e, soprattutto, facendo tutti gli scongiuri del caso, se convenga veramente percepire un assegno più o meno cospicuo o meglio, investire quella bella sommetta in altro.