La lotta all’evasione fiscale rappresenta una delle priorità dello stato e, nel corso del tempo, l’Agenzia delle Entrate ha messo a punto vari strumenti per la determinazione del reddito dei contribuenti e il controllo delle “anomalie”: il redditometro, lo spesometro e in ultimo il risparmiometro.

In questa guida completa sul risparmiometro ti spiego cos’è e come funziona, da quanto è entrato in vigore, come funziona l’algoritmo che lo anima, cosa controlla, a chi si applica, come difendersi ed infine la differenza sostanziale che c’è tra redditometro, spesometro e risparmiometro.

Cos’è e come funziona

Il risparmiometro è un nuovo strumento di controllo dell’Agenzia delle Entrate che, tramite un algoritmo, calcola la differenza tra quanto dichiarato nel 730 (o modello Unico) e quanto risparmiato e depositato.

Il controllo nasce dal presupposto che una persona dichiari tot reddito, ma poi possegga, per esempio sul conto corrente, dei risparmi nettamente superiori a quanto guadagnato. In tal caso partono i controlli del fisco, per verificare se quegli introiti derivano da evasione fiscale o altre attività illecite.

Se da una parte l’uso di questo nuovo algoritmo è comprensibile, perché volto a individuare i soggetti che conservano i redditi di attività in banca senza dichiararli; dall’altra potrebbe mettere a disagio i cittadini onesti, che per esempio posseggono una somma di denaro ottenuta con un regalo. In questi casi è necessario sapersi difendere.

Per comprendere meglio la situazione facciamo due esempi:

Esempio 1

Mario Rossi ha un contratto da dipendente e guadagna 1.400 euro al mese che l’azienda gli versa ogni mese sul conto corrente. Mario ha anche un lavoro in nero, che si fa pagare in contanti, quindi non risulta nulla. Ha avuto la brillante idea di lasciare sul conto corrente il suo stipendio, che quindi si accumula mese per mese e i soldi guadagnati in nero li usa per le esigenze familiari. In realtà l’idea di lasciare i soldi sul conto corrente non è così brillante, perché il fisco potrebbe rendergliene conto: con quali soldi vivi, visto che tutto il tuo stipendio rimane sul tuo conto?

Esempio 2

Antonio Verdi vive da solo e non lavora. Vive di rendita, perché ha ricevuto un generoso regalo dai genitori pari a 100.000 euro, che gli permetteranno di vivere per qualche anno senza lavorare. Antonio è a posto con il fisco, ma l’Agenzia delle Entrate, vedendo che non lavora, potrebbe comunque assoggettarlo a controllo e chiedergli dei chiarimenti in merito a quei 100.000 euro.

Entrata in vigore

Da quando parte

L’algoritmo del risparmiometro è già attivo, in via sperimentale, per i contribuenti italiani. A partire dal 2019 il controllo è attivo anche per le aziende. Il fatto che l’Agenzia delle Entrate vada a controllare il saldo del conto corrente dei cittadini non è una novità.

È dal 2011, con il decreto “Salva Italia” di Mario Monti (D.L. 201/2011) che il fisco può accedere ai dati bancari dei contribuenti, allo scopo di ricostruire la sua situazione patrimoniale in base ai depositi.

L’algoritmo

Le banche, a partire dall’entrata in vigore del decreto Monti nel 2011, sono tenute a fornire all’Agenzia delle Entrate il saldo del conto corrente. A questo punto fare dei calcoli è molto semplice: il fisco confronta la giacenza con la dichiarazione dei redditi e se la differenza è rilevante scatta il controllo.

Per differenza rilevante, l’Agenzia delle Entrate è solita considerare un discostamento superiore al 20% tra quanto dichiarato e quanto tenuto in conto corrente. Una differenza superiore al 20% è da considerarsi “sospetta”.

A chi si applica

Il risparmiometro non è indirizzato solo ai “ricchi” ma a tutti i contribuenti. L’Agenzia delle Entrate infatti non effettua controlli solo sullla base di un conto corrente milionario, ma anche su conti correnti più “normali” dove però l’algoritmo calcola una differenza sostanziale tra quanto depositato e quanto dichiarato.

Il controllo inoltre, non tocca solo i conti correnti, ma tutti i titolari di rapporti finanziari quali deposito titoli, conti deposito, buoni fruttiferi postali, conto terzi, investimenti in società di gestione collettiva del risparmio, prodotti assicurativi, carte di credito.

Cosa controlla

Il controllo dell’algoritmo risparmiometro parte dalla titolarità dei rapporti finanziari. L’Agenzia delle Entrate dunque, individua prima i titolari di:

  • Conti correnti;
  • Conti deposito;
  • Carte di credito;
  • Titoli di stato;
  • Obbligazioni;
  • Azioni;
  • Rapporti fiduciari;
  • Polizze assicurative;
  • Fondi pensione;
  • Fondi di gestione collettiva del risparmio;
  • Libretti postali;
  • Buoni fruttiferi.

Da qui ricostruisce la situazione reddituale di quella persona, affiancando ai dati del prodotto finanziario, quelli della dichiarazione dei redditi.

La discrepanza riscontrata rappresenterà motivo per effettuare un controllo più approfondito.

Come difendersi

È molto improbabile che una persona che guadagna 1.000 euro al mese, non prelevi nulla dal conto per la sua sussistenza, per il cibo, per il vestiario, per le bollette. A questo punto quindi, l’Agenzia delle Entrate può legittimamente pensare che quel soggetto viva di profitti in nero.

A questo punto però, l’Agenzia delle Entrate non può accusare il contribuente senza neanche aver ascoltato le sue ragioni. Scatta quindi la seconda fase, quella del contraddittorio preventivo, che consiste in un incontro con il funzionario del fisco a cui si può spiegare che quel denaro non arriva da attività illecite o evasione fiscale.

Se le sue ragioni non sono convincenti non supportate da eventi dimostrabili, si passa all’accertamento fiscale, ossia un controllo più approfondito volto a mettere in chiaro la situazione del contribuente.

Differenza tra spesometro, redditometro e risparmiometro

Tutti questi tre strumenti hanno un unico, comune scopo: quello di combattere l’evasione fiscale, pur essendo molto diversi tra loro:

  • Lo spesometro confronta le spese sostenute con i redditi dichiarati, con il presupposto che non si può spendere più di quanto si guadagna;
  • Il redditometro confronta il valore dei beni posseduti con i redditi dichiarati, con il presupposto che è alquanto strano possedere beni di ingente valore se il reddito dichiarato è molto più basso;
  • Il risparmiometro confronta i risparmi posseduti con i redditi dichiarati, con il presupposto che è certamente fonte di dubbio un conto corrente su cui è depositata una grande somma rispetto ai redditi dichiarati.