Nell’ambito di un processo penale, le autorità possono prendere dei provvedimenti che limitano la disponibilità di un bene, per esempio per tutelare la parte offesa oppure per evitare che, la presenza di tali beni, possa incentivare la reiterazione di un reato.

In questa guida completa sul sequestro preventivo ti spiego cos’è e cosa significa, in quali casi l’autorità può ordinarlo, quali sono i presupposti, quando è possibile sequestrare il denaro presente su conto corrente anche cointestato, infine cos’è il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca e quando si applica.

Cos’è e significato

Il sequestro preventivo, regolato dall’art. 321 del codice di procedura penale, è la sottrazione di un bene a un soggetto. Si attua nel momento in cui il possesso di quel bene possa rappresentare un pericolo: per esempio possa aggravare le conseguenze di un reato oppure incentivarne la commissione di altri.

Il sequestro lo ordina il giudice (quello che dovrà emettere la sentenza, oppure se il procedimento penale è ancora all’inizio, lo ordina il giudice delle indagini preliminari). Lo dispone su sua iniziativa oppure su domanda del PM (Pubblico Ministero).

In alcuni casi lo può disporre direttamente il PM: quando c’è urgenza tale al punto che attendere il provvedimento del giudice possa comportare danni o pericoli.  Addirittura, può persino disporlo l’ufficiale di polizia giudiziaria, purché entro 48 ore ne trasmetta il verbale al PM affinché lo ratifichi. A sua volta il PM, se ci sono i presupposti, lo ratifica ed entro 48 ore chiede la convalida al giudice.

La convalida del giudice è sempre essenziale: che l’iniziativa sia partita dalla Polizia di Stato o dal PM, l’ultima parola spetta sempre al giudice: emette la sentenza di convalida entro 10 giorni indicando le motivazioni del sequestro. Se non vi provvede entro 10 giorni, o non ne indica chiaramente le motivazioni, il sequestro è inefficace.

Presupposti

Il presupposto, ossia il motivo che può indurre il giudice a ordinare il sequestro preventivo è di fondamentale importanza: è il rischio che il possesso del bene aumenti gli effetti di un reato o ne incentivi ulteriori.

Il sequestro preventivo è un procedimento che inizia nel momento in cui la Procura ha notizia di un reato. Una volta avuta notizia di questo reato (per esempio tramite querela o denuncia da parte di qualcuno), se nel reato rientra un bene che rappresenta un pericolo, allora il giudice può ordinare il sequestro preventivo, per evitare che l’offesa arrecata possa aumentare o ripetersi.

Come dice il termine stesso, si tratta di una misura preventiva, cautelare, disposta laddove sussiste un rischio. Quando inizia un processo infatti, prima che ci sia la sentenza del giudice passano mesi e persino anni (la giustizia italiana…) e in questo frangente di tempo può succedere di tutto.

Se le cause in tribunale fossero velocissime (per esempio: oggi denunciato, indagato, il giorno dopo processato con tanto di sentenza definitiva), allora non sarebbe necessario il sequestro preventivo. Si tratta di una misura temporanea, che il giudice potrebbe ritirare nel momento in cui non ci sono più i presupposti.

Diverso è invece il caso della confisca: essa è definitiva. Si pensi a un dipendente pubblico che si è appropriato di denaro destinato ai cittadini. Il giudice dispone subito la confisca dei beni per l’equivalente del denaro rubato. Tali beni non gli saranno più restituiti: diventano di proprietà dello stato. La confisca rappresenta quindi un trasferimento coattivo di beni, alla proprietà dello stato.

Per equivalente

Nel paragrafo precedente abbiamo chiarito la differenza tra sequestro preventivo e confisca. Il primo ha carattere temporaneo, la seconda invece definitivo. Possiamo quindi introdurre il sequestro per equivalente: è il sequestro di un bene allo scopo di assicurare, al momento della condanna, la confisca di beni di valore appropriato al reato.

Il sequestro preventivo infatti, come già detto, è temporaneo, è una misura preventiva che il giudice ordina all’inizio del processo o durante, proprio per evitare alcuni rischi. Al momento della condanna poi, il giudice decide effettivamente il da farsi, se rendere definitiva l’espropriazione oppure no.

Quando una persona è imputata, se il giudice trova impossibile individuare i beni profitto del reato, perché per esempio non sono individuabili, oppure l’imputato se ne è già “disfatto”, il giudice ordina il sequestro di denaro o beni per in valore pari al profitto del reato. Nell’impossibilità di sequestrare i beni specifici, il giudice quindi è costretto a rivolgere la sua attenzione ad altri beni dell’imputato.

Quando poi il processo termina, ossia al momento della condanna, se il magistrato ritiene colpevole l’imputato, decreta anche la confisca degli oggetti sequestrati, quindi il soggetto ne perde definitivamente la proprietà.

Conto corrente

Il sequestro può riguardare non solo beni, ma anche il denaro tenuto su un conto corrente. Il tribunale può disporre il sequestro di denaro, valori, titoli e qualsiasi altro oggetto che per esempio è custodito presso una cassetta di sicurezza, se ritiene che ci siano fondati motivi di pertinenza al reato.

Se c’è un conto cointestato, l’autorità può disporre il sequestro per equivalente sull’intero importo depositato, anche se il contestatario è una persona che non ha nulla a che vedere con il reato (Cassazione, Sez. Penale, sent. n. 29079/2019). Tale cointestatario però, può successivamente chiedere l’accertamento che i beni siano di sua esclusiva proprietà e quindi ottenere la restituzione.