L’indennità di disoccupazione, oggi denominata ASpi ordinaria o ASpi a requisiti ridotti, é una prestazione economica che l’INPS eroga ai propri assicurati che perdono il lavoro involontariamente. E’ necessario che il soggetto abbia perso il lavoro non per sua volontà, quindi in caso di licenziamento.
In caso di dimissioni quindi, non si ha diritto alla disoccupazione? Il diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione si ha solo nel momento in cui il lavoro si perde per cause indipendenti dalla propria volontà. Tuttavia, ci sono casi in cui un lavoratore possa essere “costretto” a dare le dimissioni. In questi casi è intervenuta la Corte Costituzionale, con una sentenza del 2001, per fare chiarezza.
Dimissioni volontarie per giusta causa
Se interviene una dimissione da parte del lavoratore, ma questa avviene per giusta causa, essa è riconducibile alla disoccupazione involontaria e quindi, il soggetto ha diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione, quando appunto la dimissione è per giusta causa.
La Corte costituzionale ha infatti precisato che, quando un lavoratore si dimette per giusta causa, le sue ragioni non possono essere ricondotte alla sua volontà, ma a questioni che hanno generato la necessità di dimissioni, in quanto indotte da comportamenti altrui idonei
L’Inps, da parte sua, ha elencato nella circolare n. 163 del 2003, tutti i casi in cui la dimissione è da considerarsi per giusta causa e quini, da diritto all’assegno di disoccupazione:
– molestie sessuali subite sul posto di lavoro;
– mancato pagamento dello stipendio;
– modifiche peggiorative del proprio ruolo lavorativo;
– mobbing;
– importanti cambiamenti delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’impresa;
– spostamento di sede lavorativa del dipendente senza comprovate ragioni e laddove il posto di lavoro disti più di 50 km;
– comportamento ingiurioso ricevuto dal superiore gerarchico.
Solo per dimissioni sopravvenute per questi casi, l’ex dipendente avrà diritto all’indennità ASpi.