Può capitare che un’azienda abbia delle difficoltà a pagare gli stipendi. Ma se questa diviene un’abitudine, mette in difficoltà il lavoratore, che ha tutto il diritto di avere date certe e rispettate. Se decidi di aspettare, di dare tempo al tuo datore di lavoro, è una tua scelta, perché hai tutto il diritto di pretendere il tuo stipendio entro date puntuali e certe.

Se però ti rendi conto che il tuo datore di lavoro sta abusando della tua pazienza e della tua cortesia, è proprio il caso di agire. In questa guida ti spiego cosa fare in caso di stipendi e/o TFR arretrati, in caso di dimissioni o licenziamento, come scrivere una lettera di sollecito pagamento stipendio (da inviare via PEC o raccomandata A/R), infine come fare domanda di indennità NASpI.

Lettera

Se l’azienda non ti sta pagando lo stipendio o te lo ha pagato solo in parte, innanzitutto chiedi spiegazioni al datore di lavoro oppure all’ufficio che si occupa delle paghe. Se la risposta non è soddisfacente e l’azienda continua nella sua mancanza, allora puoi procedere con una formale lettera di sollecito. Vediamo un esempio, fac simile.

Fac simile lettera sollecito mancato pagamento stipendio

Luogo e Data_______

Oggetto: Sollecito per mancato pagamento del salario del mese di _______anno ______.

Il/La sottoscritto/a ______________  in qualità di lavoratore dipendente dell’azienda _______________ con la mansione di ____________, assunto a partire dalla data______comunica di non aver ricevuto lo stipendio relativo al mese / ai mesi di  _____________  anno _______ alla data indicata nel contrattualmente, ossia _______

CHIEDE

la liquidazione delle spettanze entro ____ dal ricevimento della presente. In caso di omessa o insufficiente liquidazione, il sottoscritto si riserva di adire le competenti sedi legali allo scopo di far valere i propri diritti.

In fede

Firma_____________

Email, PEC o raccomandata

La lettera puoi inviarla tramite email, ma in questo caso non hai una ricevuta di accettazione. Quindi, sebbene possibile, l’invio della lettera via email è da scartare. Sicuramente è da preferire l’invio tramite:

  • Raccomandata A/R, quindi una lettera con ricevuta di ritorno, da fare presso un ufficio postale. In questo modo sai con certezza che la lettera è arrivata al destinatario e non potrà dire il contrario;
  • PEC, che vale esattamente come una raccomandata A/R. Se quindi il tuo datore ha una PEC, puoi inviare la lettera tramite questo sistema, che poi genera una ricevuta di accettazione da parte del destinatario. In questo modo sai con certezza che ha ricevuto la PEC e non può dire il contrario.

Questa lettera rappresenta un sollecito di pagamento bonario. Se non dovesse sortire gli effetti sperati, puoi procedere con altre vie.

Cosa fare

Se la lettera di sollecito non ha sortito effetti, puoi procedere:

  • Con una lettera di diffida da parte di un avvocato, nella quale chiedi per l’ultima volta di adempiere entro X e preavvisi azioni legali;
  • Con un tentativo di conciliazione monocratico, presentando un esposto all’Ispettorato del lavoro. L’ente intraprenderà una procedura di controllo e organizzerà un incontro tra te e l’azienda allo scopo di arrivare a un accordo tra voi;
  • Con una richiesta di conciliazione alla presenza dei sindacati tuoi (ossia del lavoratore) e di quelli del datore di lavoro;
  • Con un decreto ingiuntivo in Tribunale, procedura che puoi attivare solo rivolgendoti a un avvocato. Presentando il contratto di lavoro, l’avvocato può far avviare la procedura. Al giudice basta accertarsi che il tuo credito esista (per questo devi presentare il tuo contratto di lavoro) ed emette il decreto ingiuntivo, anche senza convocare la controparte. L’azienda quindi riceve una notifica e l’invito a pagare il dovuto al lavoratore (insieme a interessi ed eventuale rivalutazione monetaria). Il datore di lavoro può presentare opposizione ma, se non lo fa, deve pagare. Se non procede al pagamento, insieme al tuo avvocato puoi far partire il pignoramento, ossia l’espropriazione dei suoi beni e la successiva vendita all’asta.

Prescrizione stipendi non pagati

Non hai tutta la vita per pretendere il pagamento degli arretrati al tuo datore di lavoro: il tuo diritto si prescrive entro cinque anni. Dunque, entro cinque anni dal tuo licenziamento (o dalle dimissioni), hai diritto di chiedere gli stipendi che ti spettano. Se per esempio ti sei dimesso il 3 febbraio 2023, puoi chiedere le tue spettanze entro il 2 febbraio 2028, non oltre. Se fai trascorrere questo termine, perdi il diritto.

Puoi interrompere la prescrizione, con uno qualsiasi di questi atti:

  • Domanda proposta in corso di giudizio;
  • Notificazione a controparte del ricorso);
  • Richiesta di conciliazione e notifica alla controparte;
  • Ogni atto che costituisce in mora il datore di lavoro.

Dimissioni e NASpI

Se il tuo datore di lavoro non ti paga lo stipendio, questo suo comportamento rappresenta motivo di dimissioni per te. E le dimissioni si intendono per giusta causa: dunque puoi licenziarti in tronco, senza rispettare i termini di preavviso. Puoi andartene subito dall’azienda, inviando una PEC o una raccomandata nella quale comunichi le tue dimissioni e i motivi che ti hanno imposto tale scelta.

Siccome ti sei dimesso per giusta causa, ti spetta la NASpI. Le dimissioni per giusta causa infatti, rappresentano l’unico caso in cui ti spetta l’indennità di disoccupazione in un contesto dimissionario. Negli altri casi di dimissioni (volontarie), la NASpI non ti spetta. In questo caso però, la legge riconosce che le tue non sono dimissioni volontarie, ma costretta dalla situazione venutasi a creare.