Per definizione, le spese di rappresentanza e pubblicità, contemplate dall’art. 108 del Tuir, sono quei costi che rispondono a requisiti di coerenza nell’esercizio dell’impresa. Più precisamente, sono quelle concessioni a titolo gratuito di beni e/o servizi finalizzate alla promozione dell’attività o alle pubbliche relazioni.
Questi costi, quindi, sono deducibili ai fini della determinazione del reddito d’impresa? E per quanto riguarda l’IVA invece, può essere detratta?
Nuovi scaglioni
Il decreto Lgs. n.147 del 14/09/2015, relativo all’internazionalizzazione delle imprese, ha introdotto delle importanti novità per quanto riguarda il calcolo del reddito di impresa e soprattutto in merito alla deducibilità delle spese di rappresentanza.
Il decreto prevede che le spese di rappresentanza sono deducibili ai fini IRPEF/IRES al 100% dal reddito di impresa ma solo se di importo unitario pari non maggiore di 50 euro. Se quindi l’impresa sostiene una spesa di rappresentanza di un valore minore o pari a 50 euro, questa è interamente deducibile.
Cosa succede invece se la spesa unitaria è stata maggiore di 50 euro? In questo caso la deducibilità è consentita entro un limite massimo, calcolato moltiplicando una precisa percentuale ai ricavi della gestione caratteristica d’impresa (somma delle voci A1+A5 del conto economico):
- 1,5% se l’impresa conta 10 milioni di ricavi;
- 0,6% se l’impresa conta da 10 milioni a 50 milioni di ricavi;
- 0,4% se l’impresa conta oltre euro 50 milioni.
Facciamo un esempio concreto, per comprendere meglio questi nuovi limiti. Supponiamo che l’azienda A registri ricavi della gestione caratteristica pari a 12 milioni di euro. Le spese di rappresentanza il cui costo unitario è pari o minore di 50 euro sono interamente deducibili dal reddito di impresa.
Le spese di importo unitario superiore, saranno deducibili entro al massimo una certa somma, così calcolata:
fino a 10 milioni di euro: 1,5% di 10 milioni di euro = 150.000 euro
da 10 milioni a 12 milioni di euro: 0,6% di 2 milioni di euro = 12.000 euro.
L’azienda quindi, potrà dedurre spese di rappresentanza fino ad un massimo di 150.000 + 12.000 euro = 162.000 euro.
Supponiamo che l’azienda sostenga, nel 2016, spese di rappresentanza pari a 200.000. Potrà dedurne dal reddito solo 162.000 euro.
Supponiamo che ne sostenga, invece, solo 100.000 euro. Ne poteva dedurre 162.000 euro. Chiaramente dovrà dedurne solo 100.000 euro. I restanti 62.000 euro vanno “persi”, nel senso che non possono essere computati all’anno successivo, ma solo a quello di riferimento.
Imposta sul valore aggiunto
E per quanto riguarda l’IVA invece, è detraibile?
In merito alla detraibilità dell’ IVA, il Decreto del Presidente della Repubblica n.ro 633 del 1972 all’art.19, sottolinea che è possibile detrarre l’IVA delle spese di rappresentanza solo se l’importo unitario non supera 25,82 euro.
Il decreto di internazionalizzazione citato a inizio post, ha innalzato tale limite adeguandolo a quello ai fini delle imposte sui redditi: anche l’IVA quindi, è detraibile, al 100%, solo se il costo unitario della spesa di rappresentanza non supera i 50 euro.
L’IVA di spese il cui importo unitario è superiore a 50 euro, è indetraibile.
NB: l’articolo ha contemplato la deducibilità e la detraibilità per le imprese. Per i professionisti sono valide altre regole e limiti, che vedremo in un altro post.