Quello della separazione è un momento molto delicato della vita coniugale: i due infatti sono ancora sposati a tutti gli effetti, per arrivare al divorzio occorre attendere un periodo di tempo specifico indicato dalla legge. Periodo entro il quale si spera sempre in una riconciliazione.

In questa guida completa sul tenore di vita in separazione dei coniugi ti spiego cos’é, come dimostrarlo, perché la Corte di Cassazione in varie sentenza ne ha ridotto fortemente l’importanza e, alla luce di ciò, quali sono presupposti e criteri che il giudice considera per decidere o meno sull’assegno di mantenimento e sull’importo dello stesso.

Cos’è

Prima di parlare di tenore di vita e assegno di mantenimento, occorre fare alcune importanti precisazioni. A differenza del divorzio, con il quale il rapporto matrimoniale cessa di esistere, con la separazione tu e il tuo coniuge rimanete tali

In separazione dunque, il rapporto coniugale continua ad esistere, seppur una sentenza del tribunale decreti la separazione legale. Ai fini del divorzio infatti, è necessario procedere prima con la separazione e, dopo un adeguato periodo che è anche di riflessione, giungere al divorzio se ne siete ancora convinti.

Al di là degli effetti emotivi, visto che in separazione il rapporto coniugale persiste, gli obblighi economici non cessano di esistere: il coniuge a cui non è addebitata la separazione quindi, può chiedere e ottenere l’assegno di mantenimento.

Se ci sono figli poi, l’assegno di mantenimento è d’obbligo: il coniuge non convivente, deve versare all’altro un assegno per contribuire al benessere economico della prole, che si tratti di figli minorenni o maggiorenni (più in là nel post specificheremo però che l’assegno per i figli è cosa ben diversa dall’assegno al coniuge).

La giurisprudenza infatti, è ormai allineata sul fatto che la maggiore età non faccia automaticamente cessare l’obbligo economico dei genitori. I figli riescono a rendersi indipendenti sempre più tardi e a 18 anni spesso sono ancora a scuola, poi intraprendono l’università.

Dunque l’obbligo di mantenimento verso i figli, permane fin quando finalmente riescono a essere indipendenti economicamente. E’ chiaro che se il figlio ne approfitta, ha ormai la possibilità di lavorare e non cerca un impiego proprio per vivere alle spalle del genitore, in tal caso l’obbligo cessa.

Come dimostrarlo

Come detto poc’anzi, il mantenimento del tenore di vita non ha più quel ruolo centrale che aveva una volta nella determinazione dell’assegno di mantenimento. Oggi il fattore determinante è quello dell’auto-responsabilità economica.

Dunque, chi chiede l’assegno, non ha più motivo di dimostra il tenore di vita che c’era da sposati: il giudice difficilmente considera questo aspetto. Il giudice chiamato a decidere se confermare o meno l’assegno di mantenimento richiesto da una delle parti, si trova quindi a dover riflettere e applica una serie di presupposti e criteri in un’ottica diversa rispetto al passato.

Presupposti

La Corte di Cassazione, con varie sentenze, ha ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale verso l’abolizione del tenore di vita come criterio per la determinazione dell’assegno di mantenimento (Cass., sentenza n. 11504/2017; Cass., sentenza n. 24934/2019; Cass., sentenza n. 26084/2019).

Ciò significa che se entrambi i coniugi sono autosufficienti, il giudice non obbliga alcuno dei due a pagare il mantenimento all’altro. Anche perché se il giudice considerasse il tenore di vita da sposati, dovrebbe permettere a entrambi di mantenerlo.

Cosa quasi impossibile considerando una famiglia media italiana. Con la separazione infatti le spese aumentano: due case da pagare, doppie bollette, doppie auto, ecc. L’obbligato al mantenimento, difficilmente riesce a mantenere lo stesso stile di vita dopo la separazione e ciò non potrà che incidere anche sul diritto della controparte.

Criteri

Il giudice, nella determinazione dell’obbligo dell’assegno di mantenimento, considera i seguenti requisiti:

  • Non titolarità di adeguati redditi per il coniuge che chiede il mantenimento. Se stai chiedendo il mantenimento, ma hai dei redditi tuoi (uno stipendio, entrate economiche attraverso una casa che affitti, ecc.) anche in questo caso difficilmente il giudice ti assegnerà il mantenimento;
  • Non addebitabilità della separazione al coniuge che richiede l’assegno familiare. Se sei la parte economicamente debole e stai chiedendo l’assegno, considera che se il divorzio è avvenuto a causa tua, molto difficilmente il giudice assegnerà il mantenimento a tuo favore. Difficile ma non impossibile: perché il giudice, nel valutare il vostro caso, non considera solo il tradimento, ma indaga sull’intollerabilità della vostra convivenza, la quale potrebbe aver spinto al tradimento. Se dall’indagine emerge che la separazione è avvenuta a causa tua (a prescindere o meno dal tradimento) non hai diritto all’assegno.
  • Disparità economica tra le parti. Il giudice considera anche i tuoi redditi e quelli dell’altro coniuge. Se tu hai un reddito da 500 euro al mese e il tuo coniuge da 30 mila euro mensili, la disparità è molto forte, oltre che con 500 euro difficilmente si può vivere.
  • Durata del matrimonio. Il giudice considera questo aspetto, non tanto per decidere se assegnare o meno il mantenimento, quanto per decidere l’importo da versare. Se i coniugi hanno passato 1 anno insieme, probabilmente a parità di condizioni, l’assegno sarà più basso rispetto a una coppia che ne ha passati 10 da sposati (Cass., sentenza n. 1162/2017).
  • Presenza di figli. Anche la presenza di figli è un elemento importantissimo. Se avete dei figli in comune, sicuramente il giudice obbligherà il genitore non convivente a pagare l’assegno di mantenimento. Occorre però una dovuta precisazione: in tal caso l’assegno è per i figli, non per la moglie (o marito). Una cosa infatti è l’assegno di mantenimento alla moglie o al marito (che il giudice può accettare o rifiutare), un’altra è il mantenimento ai figli. Entrambi i genitori devono sempre mantenere i figli, in base alla propria disponibilità economica e a prescindere da chi ha l’affidamento.

Un’ultima precisazione: il giudice, nel decidere se assegnare o meno l’assegno di mantenimento, considera il reddito netto e non quello lordo. Sappiamo benissimo che in Italia le tasse non sono propriamente basse e che se una persona ha un reddito lordo di 4.000 euro al mese, in realtà questo si riduce a poco più di 2.200 euro netti.

Il giudice quindi, attraverso prove portate dalle parti e indagini, cerca sempre di fare una valutazione generale, in modo da giungere a una sentenza quanto più giusta ed equa.